giovedì 11 dicembre 2008

In fila, senza fare i furbi



Kagura, provincia di Gunma, un'ora e mezza da Tokyo, 7 dicembre 2008. E' la prima e unica stazione sciistica di Honshu ad aver aperto gli impianti. La giornata è stupenda e come decine di migliaia di giapponesi (13 milioni di sciatori - anzi, per la maggior parte snowboarders - lo sapevate?)decidiamo di andare a farci la prima sciata della stagione. Per raggiungere le piste già innevate bisogna prendere una funivia e poi una telecabina. In cima c'è il paradiso (i giapponesi hanno finalmente scoperto il gusto di mangiare all'aperto, in terrazza), a valle l'inferno.






Code allucinanti. Ma l'attesa alla fine è minore di quella che potete immaginare. Grazie all'ordine e alla disciplina dei giapponesi. Tutti in fila, tutti tranquilli, educati, sorridenti. Qualcuno ci prova (in genere gli stranieri), ma viene guardato talmente male (solo guardato, nessuno si permette di insultare o gridare) che finisce per vergognarsi e non lo farà mai più.
Ve lo immaginate cosa succederebbe in una fila del genere, in Italia? Un massacro.




Sciare in Giappone è bellissimo e neanche troppo caro. Ci sono pacchetti vantaggiosissimi treno/albergo/skipass/nolo sci e scarponi per l'equivalente di un centinaio di euro. Le ferrovie offrono efficientissimi servizi di recapito dei bagagli (sci e scarponi) e cercando con un po' di attenzione si trovano posti stupenti dove passare la notte. Ovviamente con tanto di onsen e rotenburo, le pozze bollenti all'aperto...ecco quella dove ci siamo ammollati dopo la sciata. Una vera goduria!

lunedì 24 novembre 2008

Scatto ergo sum


Quando si dice i luoghi comuni. I giapponesi stanno imparando - volenti o nolenti - a godersi la vita, mettendosi perfino a vincere i tornei di pizza. E noi ci vendichiamo invadendo il loro territorio, schizzando di qua e di là, in pochi giorni, nel tentativo di carpirne i più reconditi segreti e fotografandone ogni singolo...tsubo quadro.
Nei giorni scorsi una mia cara amica - da anni pilastro, assieme al coniuge che stavolta però è rimasto in patria - dell'oramai moribonda AISTUGIA, ha perlustrato senza pietà e indugio le viscere di Tokyo, con qualche puntata tra le perle rurali di Gunma, in cerca dei tanto decantati konnyoku rotenburo (bagni misti all'aperto), altra istituzione in via di estinzione...
Nei due o tre giorni passati assieme, ha scattato un milione e 210 mila foto. Ho controllato personalmente, una sera, la sua memory card. Un'abbuffata che, ai tempi in cui le foto si pagavano, non si sarebbe potuta permettere. Viva l'era digitale. Ma avviso agli amici comuni: se riceverete un invito a "vedere le foto del mio ultimo viaggio in Giappone", trovate una scusa o soffocherete in un mare di pixel.


Ecco una breve carellata di "controfoto". Come potete vedere, nessuno è sfuggito al suo obiettivo, macachi, bagnanti ignudi (un sosia di Sua Maestà?) compresi.




La prossima volta che vedete un giapponese esagerare con le foto, evitate battute, mi raccomando. La globalizzazione colpisce anche l'arte - o il vizio - dello scatto. Al massimo, vendicatevi invitandolo a pranzo a casa vostra, offrendogli un piatto di natto all'amatriciana.

*Chi è la mia cara amica?
Non si può dire, questione di privacy...ma sono sicuro che molti di voi la riconosceranno! Ovviamente, non potrò sottrarmi alla sua vendetta, che arriverà, ne sono sicuro, a sangue freddo! Ciao Fiamma!!!




IT. Card: lo sapevate che esiste?

Lo sapevate che esiste una it.card del ministero degli esteri, rilasciata gratuitamente ai residenti all'estero dai consolati italiani, grazie alla quale è possibile ottenere una serie di sconti e facilitazioni? Io no, confesso l'ignoranza. Me l'ha segnalata un amico e collega attualmente a Parigi e, con una semplice ricerca sul sito del Ministero degli Esteri, l'ho subito individuata. Ma sul sito della nostra Ambasciata non c'è. Nè tra i servizi offerti dal Consolato, nè in latro luogo visibile. C'è un avviso ai cittadini che rientrano definitivamente di restituirla, e un altro che avverte che le procedure per ottenere lo sconto di Trenitalia sono cambiate, ma da nessuna parte ho trovato informazioni sulla carta e di come si faccia ad averla. Ho segnalato la cosa in Ambasciata e penso che colmeranno al + presto la lacuna. Intanto, dopo attenta lettura delle varie "agevolazioni", mi sembra che valga la pena averla. Basta fare una richiesta scritta e pare te la possano anche spedire a domicilio. Alcune voci sono aria fritta, ma già solo lo sconto del 20% su TUTTE le tariffe dei treni non è male, visti i tempi. In attesa che aggiornino il sito dell'Ambasciata, ecco dove potete ottenere tutte le informazioni

http://www.esteri.it/MAE/IT/Italiani_nel_Mondo/ItCard/

Yoroshiku

martedì 4 novembre 2008

MALA TEMPORA CURRUNT



Brutta storia, brutti tempi. Per chi ha vissuto certi anni in Italia, il tutto ha il sapore, anzi l'olezzo, del DEJA VU.
Non tira aria sana per la democrazia.
Che, come la pace e l'armonia (cito il Dalai Lama, mica il Pastore Tedesco) deve nascere ed imporsi dal basso, attraverso il consenso ed il rispetto delle regole condivise, non imponendola con brutalità e astio. O peggio ancora, repressione.

Guardate questo video "postato" su you tube giapponese. Molto gettonato.

http://www.youtube.com/watch?v=3Uw701vV15U

Si riferisce al "raduno" ("non autorizzato", dice la polizia giapponese: ma erano 12 persone!!)di alcuni "freeters" (passati, fateci caso, nel giro di pochi mesi da "creativi manager di se stessi" ai nuovi "autonomi")che non avendo nulla da fare si e rano messi d'accordo via internet per andare a farsi un "reality tour" davanti alla residenza privata del premier Taro Aso in quel di Shibuya. Residenza valutata attorno ai 6 miliardi (di yen). Un'idea efficace, un po' occidentale, se vogliamo, alla "Bifo", che richiama un po'le iniziative degli "Indiani Metropolitani". Questi invece sono i nuovi poveri del 22mo secolo che vanno in pellegrinaggio sul sagrato di uno dei "vecchi ricchi" dell'Impero. L'ultimo rampollo di una famiglia - lo provano numerosi documenti ufficiali - si è arricchita riducendo in schiavitù i prigionieri di guerra*** (per chi volesse approfondire l'argomento, basta "googlare" "Aso Mining Slavery Issue" o leggersi alcuni lavori molto approfonditi tipo: http://www.counterpunch.org/reed11142005.htmlIl tutto organizzato da un nuovo sindacato particolarmente baldanzoso e con la partecipazione di Karin Amanomiya, la scrittrice no-global che ha tradotto in giapponese il virtual book italiano "generazione mille euro).
Nonostante un divertente scambio di battute con la polizia davanti ad Hachiko, cui si riferiscono queste immagini amatoriali

http://www.youtube.com/watch?v=VukCiIa0BDc

la polizia non ha rispettato la parola e appena i "manifestanti" hanno attraversato la strada (con il verde!!!) si sono scagliati contro uno di essi e l'hanno arrestato. Nel trambusto che è seguito, altri due sono stati arrestati per "adunata sediziosa" e "resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale", due reati (in)famosi nella nostra storia decente che in Italia sono stati nel frattempo (in parte) depenalizzati.

http://www.youtube.com/watch?v=3Uw701vV15U&NR=1


Vabbè, solo per esprimere la mia profonda preoccupazione per il modo in cui la Giappone spa sta (non) reagendo al sempre più evidente disagio sociale. Mi sbaglierò, ma sento odore di tensioni, anche molto serie, in agguato.

***

***
Per chi volesse approfondire la questione della riduzione in schiavitù dei prigionieri (cinesi,coreani, ma anche occidentali) da parte degli antenati di Aso (di cui l'attuale premier ha comunque ereditato l'impero, anche se formalmente ha cambiato nome - da Aso Mining&Cement ad Aso Group - ed è guidato dal fratello minore Yutaka....ricorda qualcosa, questo format?),consiglio di farsi un giro su Google o di leggersi questo illuminante saggio di Christopher Reed, riprodotto su Japan Focus o un più recente articolo apparso sul quotidiano inglese The Guardian

http://www.japanfocus.org/_Christopher_Reed-Family_Skeletons__Japan_s_Foreign_Minister_and_Forced_Labor_by_Koreans_and_Allied_POWs___Japanese_Translation_Available
http://www.guardian.co.uk/world/2008/sep/19/japan

Aridateci l'Alitalia

Confesso che negli ultimi tempi, vista,come dire, l' incertezza, sui destini della nostra beneamata compagnia di bandiera, ho viaggiato un paio di volte con Air France.
Che delusione. Tanta spocchia, ma alla fine della fiera, la sciatteria trionfa anche lì. Non vorrei sembrare monotematico, ma sono i dettagli che fanno la differenza.
Ricordate il mio post sull'"onion dressing" che in qualche modo si era intrufolato nel catering Alitalia. Il problema venne risolto dal grande Tucci, oggi approdato ad altri lidi (si fa per dire...)
Bene, in Air France evitate di ordinare il pasto giapponese. Io l'ho fatto, per evitare quello indigeno, some al solito intriso di salse varie e burro a volontà. Mal me ne colse. Immangiabile. Il menù prevedeva "gyu sukiyaki". Riso secco, salsa puzzolente,sembrava estratto di sarcofago. Ho protestato e sapete cosa mi hanno detto? "Ma monsieur, non è colpa nostra se ordina il pasto 'etnico"...per di più, non lo preparano mica i giapponesi, ma i cinesi..."
Bella roba. In una sola frase, un concentrato di sciovinismo e razzismo gastroculturale.
Comunque vadano le cose - e speriamo che il personale Alitalia, dai piloti agli stewards,ottengano le garanzie che chiedono - cerchiamo di restare fedeli alla nostra compagnia.

Quel "teppista" del Dalai Lama...




Adesso capisco perchè i cinesi lo accusano di "teppismo". Il Dalai Lama, che ho avuto l'onore di incontrare ed intervistare di nuovo in questi giorni, è davvero incontrollabile.
Guardate cosa ha combinato mentre registravo lo "stand-up" subito dopo l'intervista...
Eccezionale!

http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/11/02/
Dalai_Lama_a_SKY_TG24_Deluso_per_i_rapporti_con_la_Cina.html





Nel corso dell'intervista il Dalai Lama ovviamente non ha solo scherzato. Oltre ad affrontare i maggiori temi del "girno" (global warming, sovrappopolazione,crisi finanziaria, vecchia e nuova povertà) ha ricostruito le ultime fasi del "negoziato" con la Cina ed espresso la sua delusione e la sua sfiducia. E sembrava davvero sincero."Non è un bel segnale - gli ho detto - se peerfino il Dalai Lama perde ogni speranza...". "Ho deciso di rimetter in discussione la nostra politica degli ultimi anni - mi ha risposto - Ho convocato una riunione del Parlamento tibetano in esilio, che è un organo liberamente e demoraticamente eletto, e sarà in quella sede che si deciderà la linea del futuro..." Ma lei cosa propone? "Ho le mie idee, ma me le tengo per me...se parlo prima, l'incontro finirebbe per essere come una riunione del vecchio partito comunista. Si discuterebbe di una decisione già presa. Non voglio che succeda. Non voglio che, sia pure per devozione, il mio popolo continui ad appoggiare una linea di cui non è convinto..." E se dovesse prevalere la linea dura, quella dell'intransigenza e della violenza, come propongono alcune frange della diaspora tibetana? "Allora non escludo di dimettermi". Da leader del Tibet, sia spirituale che politico? "No, da portavoce del popolo tibetano, che è quello che da sempre mi considero...nulla di più"
Il Dalai Lama, in quanto tale, non può dimettersi. Ma può decidere di ritirarsi a vita spirituale. Speriamo di no. Difficile immaginare che ci sia qualcuno in grado di ereditarne il carisma e l'autorità morale. Quella, che secondo lui, manca alla Cina per diventare una vera "superpotenza". "Sono testardi e ostinati: questi leader non capiscono che risolvere pacificamente il problema tibetano sarebbe un bene per tutti, anche per loro. Esalterebbe enormemente l'immagine della Cina. Mao, questo, l'avrebbe capito..."

La battuta più divertente? Eccone un paio..
Come risolvere il problema della sovrappopolazione? "Aumentando il numero di monaci e monache"
E' vero che una volta ha detto che non ha idea di dove potrebbe reincarnarsi...e che non ha escluso di farlo all'Inferno?
"E' vero. Ma ci ho ripensato. Non voglio ritrovarmi un'altra volta attorno i cinesi...."

La più preoccupante?

"Dopo il polo nord ed il polo sud, anche il terzo polo, il Tibet, sta sciogliendosi. Se non facciamo qualcosa per arrestare il global warming, tra qualche anno i maggiori fiumi asiatici si seccheranno, dal Gange all'Indo, dal Fiume Giallo al Mekong"

La più drammatica?

"Sul Tibet pende oramai una vera e propria condanna a morte. Una delle civiltà più antiche del mondo sta morendo giorno dopo giorno, e nessuno sembra poterci fare qualcosa. Aiutateci"

mercoledì 29 ottobre 2008

Attenti a Facebook!

Mi sono iscritto a Facebook solo un paio di settimane (su consiglio, anzi, invito, anzi..."precetto" di alcuni amici) e ogni giorno, vista la mole di "notizie" (tizio ha stretto amicizia con Caio, Caio ha il raffreddore, Sempronio non sa come cucinare i broccoletti, Paolo ha cambiato profilo mentre Paoletta ha otturato il cesso con un pannolino di Paolino) provo la tentazione di unsubscrivermi (ammesso poi che ci riesca...vista la mia imperizia nel settore). Magari poi chiederò a qualcuno di insegnarmi come si fa. Ma non ora.

Per ora...resisto. E vi dico subito perchè.

La cosa non solo mi incuriosisce, mi preoccupa molto. E dunque vale la pena rifltterci e parlarne. Sul serio. Siamo solo una massa di sfigati che hanno tempo da perdere (e che rischiano di finire un giorno arrestati come la casalinga di Sapporo, per aver ucciso l'avatar del suo amante virtuale)oppureè in corso un processo orwelliano di cui percepiamo solo le prime, inquietanti avvisaglie?

Questo posto puzza di (in)sano qualunquismo. Dunque di destra. (immagino già qualcuno che comincia a digitare un reply indignato. Andate fino in fondo, please)

In realtà Facebook, Come "Second life" e "Meet-Me" il suo succedaneo indigeno, un po' razzista e come al solito "mizuwarizzato" (aprirà a dicembre e sarà meno violento e anarchico, più "adatto alla mentalità giapponese", come ha spiegato il suo "creatore", tale Yoshioka, specificando bontà sua che "sarà aperto ANCHE agli stranieri) mi turba al punto da tentare di aprire un dibattito, spero civile, anche tra noi (in Italia pare ci sia già).

Bisogna stare attenti, a Facebook et similia. Guardate cosa vi sta succedendo con il "sostegno" (virtuale, dunque fasullo) alla Gelmini e il contributo che l'Ansa (consapevolmente?) ha dato alla "notizia" che "migliaia di studenti intervengono su Facebook sostenendo la riforma e rivendicando il diritto allo studio".
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/daassociare/visualizza_new.html_792905845.html

Proprio come la "notizia" dell'uomo con due peni nato in Australia o quella dello sventato complotto naziskin contro il povero Obama, che TUTTI i media italiani (e giapponesi) hanno ripreso (da FOX news, che negli USA gode della stessa credibilità del Tg4 di Fede) ma cui nè il Washington Post nè il New York Times fanno il minimo riferimento. Possibile che due tra i più autorevoli quotidiano del mondo abbiano "bucato" la "notizia" del giorno? Mica sono il TG2 che abbocca (ben gli sta) alla provocazione degli studenti e annuncia in apertura la "notizia" della vendita di Tor Vergata su E-Bay!!

E' mia sempre più profonda convinzione che in un momento delicato come quello che stiamo vivendo i "social networks" come Facebook siano progettati - e gestiti - precisamente per incoraggiare la produzione progressiva e perpetua di pseudocontenuti (pubblica la tua opinione, rispondi, commenta, tagga) nell'obbiettivo di "attivare" (facendolo restare a casa) anche il più pigro e antitecnologico degli utenti. L'utenza si espande (ah, la pubblicità) e la fruizione, diciamo così, "attiva" o "partecipativa" delle informazioni diventa di massa. Ma de che? Possibile che ci siamo ridotti a concentrare la nostra interazione sociale ad uno scambio di pseudoinformazioni mentre aspettiamo che l'acqua per la pasta (o per farci il bagnetto) bolla? Se abbiamo tempo per chattare, skyparci e taggarci, perchè non lo troviamo per "incontrarci"? Per davvero, non "virtualmente". Possibile che ci siamo ridotti ad accontentarci dell'ILLUSIONE di essere "ascoltati" (leggi: cagati) da "qualcuno"?

Qualcuno sul Corriere (mi sembra) giorni fa ha scritto che su Facebook ci si va per ritrovare una vecchia fidanzata, per rintracciare i compagni di scuola, nascondendo di avere un marito o una moglie nella speranza di riuscire a cuccare...). Fuochino, fuochino, osserva dal suo sito il sempre brillante Bifo (do you remember? Radio Alice, Bologna: ora medita di sfidare Cofferati alle prossime elezioni..), che da par suo tira conlusioni un po' più...politiche (scusate la parolaccia, ma è ora che ricominciamo a farla...) e illuminanti. Facebook?

"la creazione dell'ennesima falsa sfera pubblica, in cui credi di contare qualcosa e invece non conti proprio un cazzo, anzi più passi il tempo a dire la tua opinione liberissimamente lì dentro, tanto meno la tua opinione cambia qualcosa. E in secondo luogo la sostituzione della vicinanza dei corpi con una forma di corteggiamento gelido e inconcludente destinato alla rincorsa infinita di un piacere dell'altro che si dissolve".

Fa pensare, no? Soprattutto perchè ci obbliga a riflettere a QUANTO tempo avremmo in realtà, nonostante la fretta che tutto assorbe e (mica vero) assolve, e QUANTO tempo invece perdiamo a leggere e/o scrivere cazzate. Ma non sarebbe meglio tornare a interagire in piazza? A discutere, litigare, rimorchiare, scopare sul serio? A far politica, insomma. Non solo a subirla. Perchè i "furbetti", e i delinquenti, l'hanno sempre fatta e continuano a farla.

Attendo, umilmente e ansiosamente, commenti, suggerimenti, insulti e speriamo anche proposte concrete.

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lunedì 27 ottobre 2008

ari-gomennasai

Ebbene sì, sono un lestofante. Colpito da un micidiale attacco di pigrizia, ho fatto passare più di un mese dall'ultimo aggiornamento. So che la peggior cosa che si possa fare è non "innaffiare" la pianta del blog, ma in questo periodo, tra crisi finanziaria (che mi tocca comunque "coprire") e incertezza sul futuro del mondo e personale...ho riscoperto, per curare quello che i giapponesi, con la loro grande capacità di ricorrere ad efficaci eufemismi, chiamamo "kokoro no kaze" ("raffreddore del cuore"), il fascino del dormire. Ottima ricetta per evitare il rischio, sempre in agguato del KAROSHI!

Insomma, vorrei evitare di finire così. Gambarimashoo!







Comunque, come si dice, stay tuned, perchè presto tornerò con importanti e spero anche divertenti aggiornamenti....

sabato 27 settembre 2008

Il caso Aso/2


Ma torniamo appunto a Taro Aso, cattolico, amante dei manga e anche ex atleta olimpico, settore pattinatori.
In altri tempi, la stampa internazionale avrebbe probabilmente fatto più attenzione al suo curriculum. E la stampa giapponese, nota per l'omertà che si trasforma in indignazione e publico ludibrio non appena i media stranieri alzano un coperchio, avrebbe probabilmente condotto una battaglia frontale contro l'ultimo (chissà) premier uscito dal ventre della Balena Gialla, il Partito Liberaldemocratico.
Taro Aso infatti non è solo un politico un po' arrogante con tendenze al revanchismo ed al più becero dei populismi, che in passato l'hanno costretto a dimettersi dalla carica di ministro degli esteri. Le sue non sono gaffes, ma "dichiarazioni" sincere e spontanee dell'ultimo rampollo di una dinastia di industriali (settore miniere) che durante la guerra hanno ridotto in schiavitù - oramai vi sono documenti e fior di sentenze che lo confermano - migliaia di prigionieri e semplici civili coreani, cinesi e di altre nazionalità, facendoli lavorare gratis nelle loro miniere. Come quella di Yoshikuma, nel Kyushu, ritratta nella foto



Aso, ovviamente, fa finta di niente. Nel corso di una conferenza stampa al Foreign Correspondent Club, prima di essere eletto presidente del partito, ha risposto ad un collega di non sentirsi in alcun modo responsabile di "quei fatti" (evitando ostentatamente ogni aggettivo, tipo "incresciosi", "deprecabili", o magari anche solo "sfortunati", che tanto piace ai politici locali) , di aver avuto all'epoca 5 anni e di non essere mai stato coinvolto nel business di famiglia. Il che non è vero. Aso potrà pure non ricordare, nè essere responsabile, delle nefandezze commesse dai suoi avi, ma sostenere che non si è mai occupato del business di famiglia è una bugia. Basta consultare un qualsiasi manuale delle aziende giapponesi, andare sotto la voce "ASO CEMENT", succedanea diretta dell'ASO MINING, per vedere il nome di Taro Aso come presidente, dal 1973 al 1979. E' stato sotto la sua brillante gestione che la società - attualmente diretta dal fratello Yutaka - ha stretto una alleanza con il gruppo francese Lafarge. "Fosse successo da qualsiasi altra parte del mondo - ha dichiarato al Guardian la figlia di un prigioniero inglese ridotto in schiavitù, Johanne Underwood, che ancora lotta per ottenere il risarcimento dei danni - sarebbe scoppiato uno scandalo e la cosa sarebbe diventata oggetto di dibattito nazionale".
Chissà. Magari anche in Italia l'avrebbe fatta franca.



Il caso Aso


Se la maggior parte della stampa internazionale ha posto l'attenzione sul fatto che il nuovo premier giapponese Taro Aso, 68 anni, sia cattolico ( e allora?), quella domestica ci ricorda che oltre ad essere contrario all'aumento dell'IVA e favorevole al riarmo (anche nucleare, pare) è un amante di manga e anime. Al punto che tra le poche società che hanno resistito allo tsunami finanziario made in Usa, alla borsa si Tokyo, c'è la Broccoli, multinazionale del fumetto made in Japan: +26% nell'ultimo mese, da quando cioè quel gentiluomo (figura sempre meno ricorrente ed in genere perdente, in politica) di Yasuo Fukuda ha gettato la spugna.

Evidentemente, il Giappone - come del resto l'Italia, facciamocene una ragione - è uscito più o meno definitivamente dal "radar" internazionale (tanto per restare nella metafora di questi giorni). In un mondo che segna la fine di un mondo ("pax" , si fa per dire, americana) ed è alla nervosa ma inevitabile ricerca di nuovi assetti ed equilibri, non c'è posto nè per il Sol Levante nè per il Bel Paese. Con la differenza (siamone consapevoli e felici, alla faccia di chi ancora parla di preservare l' "italianità") che noi siamo, e speriamo di restarci, inseriti in una realtà sovranazionale (che finalmente dà segni di vitalità politica, culturale e sociale, e non solo economica), l'Unione Europea, mentre il Giappone, nonostante il suo "peso" economico (è pur sempre la seconda potenza industriale del mondo) è sempre più solo e isolato, schiacciato tra la potenza sempre più emergente e globale della Cina ed il pragmatismo degli USA che negli ultimi tempi, oltre a Keynes, al fascino delle "partecipazioni statali" e della regolamentazione dei mercati hanno cominciato a capire che non esistono solo stati canaglia, potenze nemiche e stati vassalli obbligati a dir sempre di sì, ma anche partners. In Medio Oriente stentano ancora a capirlo, ma in Asia, dopo il brillante e decisivo ruolo giocato dalla diplomazia cinese nel risolvere la crisi coreana, e in Europa, dopo la "lezione" impartita da Putin e Medvedev nel Caucaso ed il ruolo positivo giocato dall'Europa, la situazione sembra più chiara.....

Ma io volevo parlare di Aso...scusate la lunga digressione e...andiamo a capo.


giovedì 25 settembre 2008

Hisashiburi/Benritrovati!



In giapponese si direbbe....moshi wake gozaimasen ("non ho parole per scusarmi").
Non aggiornare il proprio blog equivale a non innaffiare le proprie piante....ed infatti pensavo di ritrovarlo....stecchito.
Invece proprio ieri ho ricevuto un bellissimo "commento" (ancorchè anonimo, sigh) e mi sono reso conto che debbo a tutti gli amici e lettori almeno una spiegazione.
Dopo aver seguito lo scorso luglio il vertice G8 a Hokkaido, sul quale non ho ritenuto di "postare" alcunchè dato che non c'era davvero nulla da dire, se non esprimere il proprio sdegno per l'assurda "militarizzazione" di un'intera isola e la perdita di tempo e di denaro pubblico che questi caravanserragli provocano, sono rientrato in Italia convinto di farmi un po' di vacanza...e invece?
Sono finito in Georgia.
Una grande e stimolante esperienza. Sopratutto perchè era la prima volta che andavo da quelle parti e non è stato facile raccontare gli eventi senza conoscere bene la situazione ed il contesto.
Adesso la situazione si è calmata, quindi non mi sembra il caso di scriverne qui. Vorrei solo fare un paio di osservazioni. Entrambe positive. Innanzitutto sul ruolo della Russia. Qualcuno ha scritto che i carri armati che hanno "invaso" la Georgia sono gli stessi che a suo tempo entrarono in Ungheria, poi a Praga e infine a Kabul. Niente affatto. Stavolta i russi sono intervenuti per "proteggere" e non per "reprimere". Sia l'Ossezia del Sud che l'Abkhazia, le due regioni "ribelli" che ora hanno dichiarato la loro indipendenza formale, avevano ottenuto uno speciale status dall'Onu e la protezione della loro autonomia era stata affidata proprio ad un piccolo contingente di pace russo. L'attacco improvviso e ingiustificato del governo georgiano, la notte del 7 agosto, non poteva non provocare una reazione da parte della Russia. Paradossalmente, potremmo dire che i russi hanno mostrato più coraggio e determinazione intervenendo in Ossezia, dell'intyero Occidente che nel '56 e nel '68, aldilà di urli, strepiti ed esecrazioni formali, si guardò bene dal correre in aiuto del popolo ungherese e cecoslovacco, nel timore di sovvertire l'ordine di Yalta.
Insomma, per una volta abbiamo visto i Russi nel ruolo di veri "peacekeepers", e non di feroci repressori e barbari assassini (come in Cecenia, per intenderci). Sono stato parecchi giorni a Gori, la città "occupata" per due settimane dai russi, e nei vari villaggi adiacenti, ma non siamo riusciti a trovare alcun segno di "pulizia etnica", di stupri di massa, saccheggi etc etc. Anzi. La maggior parte della gente (georgiana) con cui abbiamo parlato ci ha spiegato che se non fosse stato per i russi, le milizie ossete - quelle sì scatenate e decise a "vendicarsi" sulla popolazione civile - avrebbero compiuto una vera strage. Una situazione ben diversa da quella che ci hanno raccontato, soprattutto i primi giorni, i grandi media internazionali, a partire dalla CNN.
La propaganda georgiana (affidata a professionisti stranieri: l'ufficio stampa del governo era affidato ad un tale Patrick Worms, sorta di mercenario della "comunicazione", provate a "googlare" il suo nome e la sua azienda, Ogilvy PR o Aspect Solutions) è riuscita infatti nelle prime settimane a far credere che la Russia avesse davvero invaso la povera Georgia e che fosse in atto un vero e proprio genocidio. "Noi vi abbiamo aiutato in Iraq - diceva il presidente georgiano, riferendosi al fatto che la Georgia fornisce il terzo contingente militare, 4 mila uomini, dopo Usa e Gran Bretagna, il che dovrebbe far pensare - perchè l'Occidente non ci aiuta?". E meno male che la Georgia non è - e speriamo mai diventi - membro della NATO, perchè altrimenti l'azzardo irresponsabile del presidente Sakaashvili avrebbe provocato un conflitto mondiale. E' quello di cui ci siamo resi conto, assieme ad altri colleghi (ricordo in particolare Renato Caprile di Repubblica, con il quale abbiamo condiviso molti momenti..."difficili") soprattutto dopo che i russi hanno capito che non bastava vincere la "battaglia" militare, ma che bisognava muoversi anche sul terreno della propaganda (e cioè smettere di minacciare in punta di kalashnikov i giornalisti, permettero invece loro di accedere ai territori "occupati" per vedere con i loro occhi la situazione): la responsabilità del conflitto è tutta di Saakashvili, il giovane e "chiacchierato" presidente georgiano e dei suoi "consiglieri" americani. Che la notte del 7 agosto, mentre il mondo (e i suoi leaders) erano a Pechino per la cerimonia di apertura dei Giochi, ha bombardato senza preavviso nè ragione l'Ossezia del Sud, provocando migliaia di vittime tra la popolazione civile.
Seconda osservazione: per la prima volta l'Europa (unita) ha battuto un colpo. Nonostante le enormi differenze, alla fine la via del dialogo ha prevalso e l'Unione Europea è riuscita a disinnescare la crisi SENZA, per una volta, dover per forza soccombere alla politica estera USA, che come si sa negli ultimi anni è stata a dir poco fallimentare. Ovunque. Benvenuta Europa, dunque, come "protagonista" in un mondo in cerca di nuovi e speriamo più saggi, assetti.

Per coloro che fossero interessati ai miei servizi, suggerisco di andare sul (nuovo) sito di SKY Tg24 e digitare nella casella "cerca" parole chiave tipo "Georgia", oppure "Caucaso". Per comodità, accludo qui qualche link diretto.


http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/08/18/Truppe_russe_via_dalla_Georgia.html
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/08/16/Le_truppe_russe_ancora_in_Georgia.html
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/08/16/Georgia_Medvedev_firma_la_pace.html
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/08/16/Georgia_immagini_di_un_conflitto.html
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/08/19/Georgia_polemiche_sul_ritiro_dellesercito_russo.html
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2008/08/16/E_caos_in_Georgia.html

martedì 15 aprile 2008

Il Papa a Washington, Berlusconi a Palazzo Chigi, Bertinotti fugge in Nepal

Non poteva andar peggio. Non si sa se ridere o piangere. Mentre il Giappone diventa un "paese normale", Zapatero mette al guizaglio la Chiesa e gli Stati Uniti sperano nella resurrezione democratica, l'Italia precipita nel buio.   Non contano granchè, ma persino nel Parlamento giapponese una manciata di comunisti ci sono ancora. In Italia no. Spariti, evaporati, assieme ai loro antenati e succedanei, i socialisti.  La maggior parte si sono suicidati, i pochi sopravvissuti sono stati massacrati dal bipolarismo veltruschista. Saranno stati arruffoni, arroganti e anche un po' (tanto) coglioni, ma l'idea che nel nostro parlamento il leader più a sinistra sia oramai Veltroni e che Casini abbia salvato il paese (per ora)  dall'inciucio  fa un po' tristezza, per usare un eufemismo. 
E adesso? Torniamo tra le montagne, a fare la Resistenza? O andiamo tutti in Nepal, dove il partito comunista maoista, trionfatore alle elezioni, ha offerto a Bertinotti la direzione dello Zoo di Katmandu e canne gratis per tutti coloro che si presentano alla frontiera dichiarando di aver votato PD, ma di essersene pentiti? 
Il bello è che qualcuno, e chissà che non abbia ragione, mormora già: "e se fosse davvero l'uomo della Provvidenza? E se riuscisse davvero a tirarci fuori dal pantano?" Magari hanno ragione. Silvio ce la fa. Buono sballo a tutti.

lunedì 14 aprile 2008

E' finito l'unipolarismo USA?

Dopo la Chiesa, sembra stia saltando anche l'unipolarismo Usa che dalla fine della guerra fredda si era, nostro malgrado, imposto nel mondo. A sostenerlo è Parag Khanna, lo storico Usa che negli ultimi anni ha superato - per autorevolezza e precisione nei giudizi - Francis Fukuyama, il famoso autore di "Fine della storia", oramai alla deriva neocon con punte di neo-crociatesimo.
Nel suo "The second world: empires and influences in the new global order" (Random House, 2008) Khanna sostiene che per la prima volta nella storia la "pax americana" viene "minacciata" dall'emergere di altre superpotenze (Cina ed Europa, per ora). L'Europa è vista come la favorita: primo perchè è destinata a guadagnare dalle tensioni - sempre più numerose e pericolose - tra Usa e Cina, secondo perchè dopo il declino degli anni '80 e '90 il "vecchio continente" è tornato forte, vitale e creativo. Il mercato europeo è il più vasto del mondo, la tecnologia europea è sempre più quella di "riferimento", l'euro sta sconfiggendo il dollaro, al punto che perfino i produttori di petrolio aderenti all'OPEC stanno valutando l'ipotesi di passare all'euro come valuta di riferimento per le transazioni. Molto interessanti i veri contributi grafici. In particolare, quello sull'evoluzione del PNL delle varie "potenze" all'interno del PNL mondiale. Nel 1987 il PNL degli Stati Uniti rappresentava il 21.52 di quello mondiale, con il Giappone (8.25%) in seconda posizione, seguiti, nell'ordine, da Cina (5.2%) Germania (5,07%) Gran Bretagna (3.89%) India (3,86%) Francia (3.82) Russia (3,68), Nel 1007, vent'anni dopo, gli USA sono ancora in testa, ma la classifica è molto cambiata. Usa 19,31%, Cina 15,82%, India 6,43%, Giappone 6,13%, Germania 3,73%, Gran Bretagna 3,14%, Francia 2,85%, Russia 2,65%. Facile immaginare quale sarà la "classifica", tra altri vent'anni.

Tanto per la precisione: "siamo" in minoranza!

"Per la prima volta nella storia, abbiamo perso il primo posto". Così un paio di giorni fa, si esprimeva a Radio Vaticana Monsignor Vittorio Formenti, il "Pepoli" del Papa.
La situazione, dal punto di vista della Chiesa, è infatti drammatica: i cattolici (in assoluto, non quelli praticanti) oramai rappresentano "appena" il 17,4% dei credenti nel mondo intero, contro il 19,4% dei musulmani. E la "forchetta" è destinata a crescere, visto che i cattolici continuano a scendere, mentre i musulmani a salire. L'insigne statistico, a differenza del buon Pepoli che da "laico" può permettersi qualche libertà, non ha suggerito alcuna soluzione. A sentire in giro, una potrebbe essere che l'attuale inquilino prendesse in considerazione una delle due ipotesi: abbandonare il suo oscurantismo o dimettersi. Ad allontanare i credenti dalla Chiesa non sono certo i vecchi insegnamenti di Cristo, tutt'ora più che validi, ma l'interpretazione che attualmente ne dà il "pastore tedesco".

giovedì 3 aprile 2008

Bufale taroccate: non solo diossina...



Finita la Pizza, torniamo alla mozzarella. Ringrazio innanzitutto "Nio" per la segnalazione del divertente servizio di Fuji TV sulla questione della "bufala". Potete godervelo qui:
http://fnn.fujitv.co.jp/news/headlines/articles/CONN00129815.html
Ciò premesso, vale la pena forse uscire dallo sciovinismo gastroculturale e ammettere che qualche problemuccio, nell'impero delle bufale (Campania) forse ce l'abbiamo.
  Cosa c'è nella mozzarella di bufala? 

  "il manifesto" dello scorso 27 marzo affronta con coraggio la questione. A pagina 7 troverete un articolo molto informativo "il lato oscuro dell'oro bianco", in cui si parla delle varie "sofisticazioni" che il prodotto subisce, e che fanno ritenere una spruzzata di diossina il minore dei mali. ALtro che latte di bufala: in certi "stabilimenti" l'oro bianco si produce con cagliate provenienti dalla Bolivia, dalla Lituania e dalla Romania. Per non parlare della calce che talvolta viene usata per "sbiancare" il prodotto. Se la metà di queste notizie sono vere, c'è davvero da convertirsi alla mozzarella di Hokkaido, e vergognarsi di essere italiani. Per chi fosse interessato l'articolo in questione lo trovate qui:
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/27-Marzo-2008/art21.ht

W la Pizza 2/Game over



"Rinuncio perchè appartengo ad un partito che ha sempre avuto il senso dello Stato". E non è restato secco. Quindi o ha ragione e Piazza Fontana è stato uno sfortunato caso di autocombustione, o Dio non esiste.
Il beau geste di Giuseppe Pizza ci regala l'ennesimo martire  e ci risparmia due settimane di agonia prolungata. Niente accanimento "amministrativo" contro il centrosinistra...che si stacchi la spina e buona notte. 
Nel frattempo, impazza il "totoPizza". Il quesito che circola per la penisola, e probabilmente anche off-shore è: quanti ministri/sottosegratari/dirigenti statali verranno attribuiti alla vecchia/nuova DC, nonostante la rinuncia alla campagna elettorale e  senza che il signor Pizza debba  stressarsi a fare uno straccio di comizio? Un paio di settimane, e avremo la risposta. Scaricatevi la lista dei candidati del partito fantasma, prima che sparisca dalla rete, oltre che dai nostri ricordi....e date un'ultima occhiata allo Scudo Giurassico. Trattenendo le lacrime.


mercoledì 2 aprile 2008

W la Pizza (DC): extended play?


Voto a rischio. Chi l'avrebbe detto che lo Scudo Crociato, dopo averci salvato - con qualche costo - dal comunismo ci avrebbe regalato 15 giorni di "extended play" democratico prima di inabissarci nel Veltrusconismo?


Non è ancora chiaro, ma pare proprio che lo Scudosaurus Triassico, una delle forme sopravvissute della DC lombrosamente rappresentato da tale Giuseppe Pizza (nella foto) sia stato riammesso al voto e, essendo oramai passati 15 giorni dall'inizio della campagna elettorale, la questione rischia di far slittare la data della consultazione e dunque nascita del Grande Inciucio. In gioco, infatti, ci sono almeno 27 voti, che secondo gli ultimi sondaggi potrebbero essere decisivi (al Senato).
Il dramma, ma davvero, è che non si sa se gioire, piangere, o respirare a pieni polmoni questa sana zaffata di aria paleozoica. 

lunedì 31 marzo 2008

Il fantasma di Toni Negri risveglia l'Impero



E' bastato il fantasma di Toni Negri, materializzatosi con un paio di efficaci telefonate, per dare la sveglia all'Impero e alle sue avanpostguardie. La prima telefonata è arrivata alla Todai, sabato 30 marzo, alle 13:30. L'unico momento interessante, per forma e contenuti (un particolare "omedetoo" va al fantastico traduttore, professor Miura) di un pesantissimo, autoreferenziale convegno dell'Impero (Todai) che celebrava il 130 anniversario della sua fondazione ma anche (e qualcuno ha fatto in modo che la cosa venisse ricordata) il 40mo anniversario della lunga occupazione del '68, una delle più violente e mediaticamente efficaci della storia della contestazione giovanile.


Alla fine, la messa funebre in chiave Todai è stata giustamente e rumorosamente contestata da un gruppo di "autoconvocati" indigeni (nella foto), ai quali i baroni rossi avevano vietato non solo di esporre alcuni cartelli, ma anche di intervenire in quello che doveva essere, e come tale era stato annunciato, un dibattito. Per il resto, aria fritta. Ma proprio fritta e rifritta, da restarci secchi, oltre che furiosi. Un gruppo di sopravvissuti "ordinari" (nel senso "accademico" del termine: professori di ruolo che incassano un lauto stipendio per continuare a masturbarsi il cervello in pubblico) che si ciarlavano addosso, costringendo i loro ignari e precettati (e inesorabilmente ignoranti) studenti a seguire quella che a molti è apparsa una funzione religiosa, quella che i giapponesi chiamano "gishiki" 儀式、pura e innocua liturgia della parola, più che momento di crescita ed aggregazione di un movimento in fieri, come era ed è nei sogni di qualcuno (e nell'incubo di altri, che infatti hanno impedito la presenza fisica di Negri, che è un'arma come il suo pensiero). Il quale, ma non lo sapremo mai, secondo me avrebbe abbandinato il palco e si sarebbe andato a sedere tra i contestatori, "pochi ma buoni", come si usa(va) dire. Ma magari mi sbaglio.

Tutt'altra aria il giorno dopo alla Geidai, altro simbolo (più "laico") del 68' giapponese (che come molti ricorderanno, è iniziato almeno un paio di anni prima). La sala "gessi" (imperiali), molto suggestiva, era gremita sì di vecchi irriducibili (emblematica la presenza del mitico danzatore butoh Min Tanaka e del regista "brigatista" Adachi Masao, reduce dal Libano, dalla prigione e dal suo ultimo, controverso, film "The prisoner", presentato a Rotterdam), ma anche e soprattutto di nuove, spesso ignote, ma potenzialmente conflittuali, soggettività.



Tutta gente viva, attiva, felice e disperata, spicchio in movimento di quella "moltitudine" che Toni Negri ha brillantemente individuato (e il suo traduttore altrettanto brillantemente reso ricorrendo al composto poco usato in Giappone di "tashu" 多衆, in opposizione a "taishu" 大衆, dando un ceffone semantico ai pigri pasdaran del katakana) e suo malgrado codificato, e al quale milioni di persone fanno, di fatto, oramai riferimento, magari inconsapevolmente.

C'erano, alla Geidai (e alla fine, dopo la pessima idea di far ascoltare a Negri "Che sarà" si sono tutti messi a cantare "Bella Ciao", trascinati da un'esilarante e bravissima banda di "chindoya") tutti gli sfigati e gli incazzati dell'Impero - l'unico nel quale la forma sociale coincide con la forma stato - che approfittando della (non) "presenza" di Toni Negri (se fosse stato fisicamente presente forse avrebbero avuto più soggezione e certamente meno spazio) si sono presentati, annusati, forse piaciuti e (chissà) persino organizzati. L'appuntamento, si sa ma non si dice, è il G8, le sue vigilie, le sue periferie. Il suo essere provocazione che chiama provocazione. Una occasione troppo ghiotta per non battere un colpo, per non allargare le fessure. Che poi a pensarci bene l'Impero non ha cancelli inchiavardati, nè muri da scalare. Solo "tori", porte aperte, per forma e definizione, ma attraverso le quali è sempre stato difficile passare inosservati. Per il sottoscritto, una grande occasione, speriamo non l'ultima, di verificare che sotto il vestito (l'Impero) non c'è il niente, come a volte ho temuto. Una buona notizia, chissà che non sbocci davvero, la "primavera" dell'Impero....

Piazza Fontana e la vergogna dell'oblio

Lo so che non gliene frega più niente a nessuno. Ma un giretto su You Tube vale la pena farlo. Se non altro per non dimenticare.



funerali piazza fontana

http://www.youtube.com/watch?v=eUFs0whNPz0&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=gQ7XBooKF_4&feature=related

social marketing: oxus la borsa che fa strage....

http://www.youtube.com/watch?v=IQckz-YO9I4

annuncio strage di Piazza delle Loggia

http://www.youtube.com/watch?v=K0Nr_PLVysE




Delfo Zorzi ha di nuovo querelato l'Espresso ed il collega Alessandro Gilioli per un suo recente articolo sulla boutique "oxus" che vende borse in Galleria, a Milano.L'unica filiale all'estero della scoietà Gru.p., con sede a Tokyo, è a Bogotà, in Colombia. Paese che non ha una grande tradizione di pelletteria - nè autentica nè taroccata - ma che in compenso ospita quel Martino Siciliano che dopo aver accusato Zorzi durante la fase istruttoria, ha ritrattato tutto.
" Il segreto dei contatti tra Zorzi e l'Italia è custodito tra i dipendenti e nei corridoi della Gru.p. Italia - aveva scritto L'espresso - un'azienda di pelletteria con uffici a Milano e a Roma, formalmente controllata da società anonime con sedi in Svizzera, in Lussemburgo, a Madeira, nell'isola di Mann e nelle Vergini britanniche (vedere riquadro a pag. 64). Gru.p. Italia produce principalmente borse, sia con un marchio proprio (Oxus, appunto) sia come licenziataria di griffe più famose, tra le quali Laura Biagiotti, Luciano Soprani, Gianmarco Venturi e in passato anche Valentino e Antonio Marras.
Oltre al negozio di Milano, Oxus ha boutique anche a Roma (vicino a piazza Fiume) e in Veneto, nelle zone da cui proviene Zorzi: uno a Conegliano e uno a Pordenone. A Mestre c'è invece la Legrenzi boutique, di cui fino a poco tempo fa si occupava il nipote di Delfo, Erik. Anche il deposito dei prodotti è da quelle parti: a Salzano, a poche centinaia di metri dall'ultimo indirizzo italiano di Zorzi e dal magazzino del fratello Rudi, pure lui nel business dei pellami. Curioso che l'unico negozio fuori dall'Italia del gruppo si trovi in Colombia, a Bogotà, capitale non particolarmente nota per il mercato di marchi di moda. In Colombia si era nascosto Martino Siciliano, il pentito che prima aveva accusato Zorzi delle stragi e poi aveva ritrattato dietro compenso.
Riusciremo mai a conoscere la verità?

giovedì 27 marzo 2008

L'impero sigillato: bloccati Toni Negri e la Mozzarella di Bufala




Comincio a pensare che l'Impero, anzichè in letale letargo, come sembrerebbe a giudicare dalle sempre più rare e noiose apparizioni del premier Fukuda, sia vivo e vegeto. E che ci sia una acuta regia, ancorchè situata lontano da Nagatachò, il quartiere del "palazzo" giapponese. Impaurito, scocciato o semplicemente annoiato e quindi disposto a prendere qualsiasi inziativa, ancorchè bizzarra, pur di far notizia, l'Impero rispolvera la vecchia strategia del "sakoku" ("chiusura del paese") e cerca di sigillare le frontiere per proteggere i suoi cittadini dalla contaminazione aliena. Successe nel XVII secolo, per difendersi dall'evangelizzazione cristiana (e sono in molti a sostenere che se non ci fosse stata quella decisione oggi sul trono del crisantemo siederebbe un gesuita), è successo qualche anno fa in occasione di mucca pazza, e ricapita in questi giorni.
La saracinesca imperiale è scattata per bloccare due pericolosissimi virus: il negri-pensiero e la bufala campana. Alla maggior parte di voi sfuggirà il nesso, ma evidentemente c'è, perchè in questo paese, osservava Roland Barthes e può confermarlo qualsiasi alieno che vi abbia soggiornato per più di qualche ora, nulla avviene per caso. Ragioniamoci un po'.
Innanzitutto,vale la pena notare che nel giro di conferenze organizzato per Toni Negri da un comitato locale che comprendeva il Gotha accademico dell'arcipelago (Todai, Geidai, Kyodai) non era prevista alcuna tappa ad Hokkaido, nonostante sia sede di una prestigiosa università. E non per caso. Il co-autore di "Impero", tradotto (e discretamente venduto) anche in Giappone, era stato fin dall'inizio "ingabbiato" nell'isola di Honshu, evitando così ogni rischio che la sua micidiale sintassi potesse raggiungere le bio-masse di Hokkaido, provocando l'insurrezione degli Ainu, degli orsi e dei coltivatori (indiretti).
Hokkaido, dopo aver eliminato ogni traccia dei suoi fieri e pelosissimi indigeni (i poveri Ainu tanto cari al compianto Fosco Maraini) ed essere sopravvissuta alla (mancata) orda di "hooligans" durante la Coppa del Mondo del 2002, sta ora subendo una efficace campagna di sterilizzazione per proteggersi dai perniciosissimi "no - global", che una ne fanno e cento ne pensano (pare che alcuni stiano complottando con Greenpeace per ottenere le mappe dettagliate delle coste, in modo da poter invadere l'isola dal mare, via Sakhalin, mentre altri meditino di travestirsi da orsi e invadere Rusutsu dalle montagne).
Hokkaido è anche la "fattoria" del Giappone: nell'isola si produce il 90% del latte e dei suoi derivati, mozzarelle e "parumisanu" compresi. Ovvio che dal "rallentamento doganale" - il nuovo eufemismo amministrativo inventato dall'Impero delle Circolari in occasione del blocco delle mozzarelle italiche - Hokkaido e le sue multinazionali del caglio azimo non possono che trarre vantaggio. Basta vedere come stanno schizzando i prezzi del cacio made in Japan, libero da diossina ma anche da ogni accenno di sapore.
Dicono che il Giappone, come l'Italia, stia agonizzando. Forse questo vale per i suoi cittadini, sempre più stanchi e vessati, costretti a combattere con le forme più aggravate delle malattie del secolo: disoccupazione, recessione, depressione, crisi della politica e dei valori sociali. Ci accumuna persino la degenerazione dello sport: da noi impazza il calcio scommesse, qui è il sacro mondo del sumo a scricchiolare sotto i colpi delle mazzette degli incontri combinati.
Ma l'Impero, come il Papato, è vivo e vegeto, e non ha nessuna intenzione di soccombere. La brillante reazione locale contro la potenzialmente micidiale alleanza gastroculturale rappresentata dal Negri pensiero e dalla Bufala campana ne è impeccabile testimonianza. Come quella del Pastore Tedesco contro chiunque, in Italia, minacci di importare lo Jamòn Iberico e il rigore laico di Zapatero.

mercoledì 26 marzo 2008

Un grande uomo: Shi Ming-te



Nel 1984, appena rilasciato dopo 24 anni di prigione di cui 14 in isolamento, l'allora presidente ceco Vaclav Havel l'aveva candidato al premio Nobel. Adesso, a 72 anni, Shi MIngte, ha appeso la politica al chiodo. Dopo aver lottato per tutta la sua vita e con tutte le sue forze per la democrazia, scampato alla pena di morte due volte e più volte torturato, Shi,sabto scorso, non è andato a votare.
L'ho intervistato a casa sua, per un paio di ore. Un grande. Ha rifiutato le moine di entrambi gli schieramenti - Shi "vale", ancora oggi, almeno un milione di voti - e ha preferito restare a casa. "So che è una sconfitta, una sorta di fuga: votare è un dovere, oltre che un diritto. Ma dopo 24 anni di carcere e due condanne a morte penso di aver dato abbastanza alla democrazia di questo paese. E di avere il diritto di fermarmi a pensare. Possibile che non ci sia una via di scampo? Possibile che non ci sia alterativa?Possibile che l'unica scelta che abbiamo è tra dittatura militare e democrazia corrotta?

Il ritorno del Kuomintang



Musi lunghi tra gli amici taiwanesi che tifavano per il DPP, il partito democratico progressista di Chen Shuibian. Altro che effetto Tibet. Chen ed il suo partito hanno beccato una batosta elettorale senza attenuanti: il loro candidato,l'ex premier Frank Hsieh, ha preso oltre 2 milioni di voti di meno di Ma Yingjeu, l'ex sindaco di Taipei che da qualche anno ha "modernizzato" il vecchio partito nazionalista, rendendolo meno inpresentabile in patria e all'estero. C'è chi pensa che questa vittoria del Kuomintang rappresnerta un rischio per la giovane democrazia taiwanese ed un respiro di sollievo per Pechino, che mal avrebbe sopportato, soprattutto alla vigilia delle Olimpiadi e dopo quanto sta succedendo in Tibet, altre "provocazioni" aldilà dello stretto. Ma è una lettura molto superficiale, a mio avviso. Il vecchio Kuomintang - pace all'anima sua - è morto. Paragonare Ma al generale Chang Kaishek equivale a paragonare Gorbaciov a Stalin, o Fini a Mussolini. Le cose sono cambiate anche a Taiwan, e dopo 8 anni di potere da parte del DPP - negli utlimi tempi decisamente malgestito - non c'è nulla di male che la gente, attraverso un impeccabile esercizio elettorale, abbia deciso di puntare su un leader giovane, capace e carismatico. Quanto a Pechino, non è detto che Ma sia un affare: con un tipo come Chen Shuibian i dirigenti cinesi avevano gioco facile, le sue "provocazioni", spesso rimaste tali, venivano respinte tra insulti e improperi. E siccome erano minacce inaccettabili, suscettibili di provocare la terza guerra mondiale, Chen alla fine si era ritrovato sempre più solo. Negli ultimi tempi perfino gli Usa, tradizionali alleati di Taiwan, gli avevano rifiutato non solo il visto, ma perfino il diritto di transito negli Stati Uniti, durante un suo recente viaggio in America Centrale.
Il presidente eletto Ma, dal canto suo, ha iniziato alla grande. Dopo aver chiesto scusa al popolo taiwanese per gli eccessi del Kuomintang durante la dittatura, ha promesso di puntare sull'integrazione economica, culturale e sociale, anzichè quella politica. Del resto, perchè perdere tempo e provocare tensioni per proclamare ufficialmente quella che è già una realtà da oltre 50 anni? Un conto è il riconoscimento formale, un altro è quello di fatto. E di fatto, non c'è nessuno che neghi che Taiwan sia - di fatto - uno stato libero, sovrano ed indipendente, e non, come pretendono i cinesi, "una provincia ribelle".
Niente proclami dunque, ma più scambi culturali e commerciali e soprattutto voli diretti. Oggi per andare in Cina, dove hanno investito milioni e milioni di dollari, i taiwanesi debbono passare da Hong Kong o da Tokyo....Quanto alla Cina, Ma ha detto che non sa se e quando andrà a Pechino. Ma ha già annunciato una visita negli Usa, prima ancora di essere insediato ufficialmente alla presidenza, il 20 maggio. Così da un lato ricuce con gli USA, dall'altro vede come la prende Pechino. Chiamatelo fesso.

martedì 25 marzo 2008

Dal Tibet a Taiwan: le ferite dell'impero (cinese)




Sono a Taiwan, reduce da una settimana intensissima, da tutti i punti di vista, a Dharamsala, nel nord dell'India, dove vive in esilio il Dalai Lama. L'unico posto, in questi giorni, dove si riesce "in qualche modo" a coprire gli eventi tibetani con qualche informazione in più. Non di prima mano, quelle ce le blocca il governo cinese, impedendo alla stampa di verificare di persona la situazione, ma almeno di seconda. E sono informazioni, aldilà del bilancio delle vittime e della dinamica degli scontsri (c'è indubbiamente il sospetto che ci sia qualcuno che soffia sul fuoco: ma è naturale, quando cazzo si può parlare del Tibet, se non in questi giorni di vigilia olimpica?? che denunciano ancora una volta la cantilena imperante della globalizzazione "on demand".
I diritti umani, come l'indice della borsa, sono un prodotto volatile, sottoposto i giochi della speculazioni e alle angherie del "mercato". Se in Tibet, anzichè meditare e recitare mantra, si producessero chip e ci fosse petrolio, le Nazioni Unite, opportunamente stimolate, sarebbero già in subbuglio. Ma il Tibet è povero e isolato, e perdi più c'è di mezzo la Cina, che nessuno, nemmeno gli Stati Uniti, hanno il coraggio di "Ingaggiare", neppure dialetticamente.
Mi è capitato in questi giorni, di sentirne - e vederne - di tutti i colori. Dalle immagini taroccate (che bisogno c'è?? di alcuni media (specie americani), che spacciavano monaci per teppisti e polizia indiana/nepalese per cinese, al dibattito organizzato a Sky nel quale mi sono ritrovato a dover discutere con Giorgio Mantici, docente di storia cinese all'orientale. Conosco Giorgio da molti anni, quando si occupava di Giappone, e me lo ricordavo meno dogmatico. Ha accusato la stampa - me compreso - di lasciarsi travolgere dall'emotività, finendo per disinformare. Secondo lui in Tibet non c'è nulla di drammatico, solo qualche teppista, probabilmente sobillato dall'estero, che approfitta del momento per attirare l'attenzione. Una versione un minimo edulcorata della posizione ufficiale di Pechino, che accusa il povero Dalai Lama di essere il capo della rivolta, un "Mostro a due facce, volto umano e cuore di bestia". Invito tutti quelli che hanno voglia e possibilità di andare a Dharamsala, o in Nepal, ai confini con il Tibet, e vedere con i propri occhi come vivono, con grande dignità ma abbandonati da tutti, migliaia di tibetani, un popolo dalle tradizioni millenarie che da molto tempo, checchè ne dicano le autorità cinesi, non chiede altro che gli venga riconosciuto di conservare le sue tradizioni culturali, linguistiche e religiose. Altro che l'indipendenza (che non ha alcun senso, oggi): il Tibet sogna l'Alto Adige. Possibile sia così difficile?