domenica 2 dicembre 2007

In caso di arresto...istruzioni per l'uso (4)

Il procuratore, tale Yamazaki, è gentile ma palesemente poco disponibile a mettere in discussione la routine. Fino alla nostra richiesta di udienza non aveva probabilmente la più pallida idea che l'ennesima richiesta di convalida di un arresto fosse così "pesante" da provocare una visita da parte del vicepresidente della stampa estera. Che, il più gentilmente possibile, le fa presente che pur non volendo entrare nel merito del caso, trovavamo abbastanza curiosa e inadeguata un tale reazione da parte dell'Impero, rispetto ad una - per ora solo supposta - rissa. Sx non ha precedenti penali, è felicemente sposato con una vostra cittadina da 15 anni, non ha neanche chiesto il permesso di soggiorno permanente, per evitare di gravare sul vostro sistema pensionistico...non è il caso di mostrare un po' di buon senso e mandarlo a casa? Il magistrato annuisce, ma non comprende. Il tipo non ha confessato. E' ovvio che la polizia voglia tenerlo ancora un po' sotto torchio, deve pensare. Comunque prende atto del nostro appello - compreso quello, straziante, della moglie che con un inchino prrofondissimo le chiede il permesso di incontrare il marito anche per poco, e, in via subordinata, di fargli avere un cambio di biancheria. Il procuratore si irrigidisce. Nessuna visita, solo l'avvocato può incontrare Sx, e solo dopo l'interrogatorio. Quanto alle mutande, non è di sua competenza, ma è sicura che non vi saranno problemi, alla stazione di polizia, per fargliele avere. Più tardi scopriremo che non è così: c'è un orario, anche per portare mutande, calzini e spazzolino.
Prima di accomiatarci, abbiamo una intuizione. Solo l'avvocato? Ma se l'avvocato non parla inglese? Il detenuto straniero ha diritto a un interprete....Già, ammette il procuratore. Può farlo la moglie? Certo. E un amico? Anche...La moglie mi lascia volentieri il posto: "vai tu, conosci le leggi e sono sicuro che saprai infondergli coraggio, più di me che magari mi metto a piangere e basta". E fu così che, per la seconda volta (la prima fu vent'anni fa, quando facevo il mio dottorato sul sistema penale giapponese) sono entrato nei sotterranei della procura, nelle celle di sicurezza. Aldilà delle condizioni/motivazioni di detenzione, c'è una puzza pazzesca e sporco dappertutto. Davvero una vergogna, per la seconda potenza economica del mondo. E siamo a cento metri dal Palazzo Imperiale. Un bel talpone, in un paio di mesi, riuscirebbe a raggiungere le cucine di Sua Maestà. (segue 4)

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