mercoledì 5 marzo 2008

Pena di morte: a muoversi non è solo il boia





Con buona pace del ministro Hatoyama, quello che tra una gaffe e l'altra ("Al Qaeda? Ho un amico, in quel gruppo") ha trovato il tempo di accelerare le esecuzioni capitali, in assoluta controtendenza rispetto persino alla Cina, che nel clima preolimpico mostra un minimo di pudore, il dibattito sulla pena di morte in Giappone sta pian piano aprendosi degli spazi. Il merito, va detto, non è tanto dei movimenti "indigeni", imbalsamati nelle liturgie e nei personalismi che ne limitano enormente visibilità ed efficacia, quanto di alcuni "strani stranieri". Gente che ama il Giappone (contrariamente a quanto qualcuno potrebbe superficialmente pensare) e che proprio per questo lo vorrebbe più sensibile al rispetto dei diritti umani.
Uno di questi henna gaijinè certamente Angelo De Rosa, che da anni dirige una piccola associazione impegnata a diffondere, attraverso didattiche ad alto contenuto sociale, la cultura italiana in Giappone.
Domenica scorsa 2 marzo, in una piccola ma strapiena sala della locale camera di commercio, regolarmente affittata e grazie ad una vera e propria mobilitazione dei suoi studenti, Angelo è riuscito a tenere incollati alla sedia, per quasi quattro ore senza nemmeno una pausa per il caffè, oltre 150 persone. Cittadini comuni, impiegati, casalinghe, funzionari, studenti. Tutti con tanto di taccuino a prendere appunti sui quanto una serie di autorevolissimi relatori avevano da dire su un tema di cui in Giappone normalmente non si parla.
Tra gli intervenuti, al dibattito, che ho avuto l'onore ed il piacere di condurre, l'ex condannato a morte, assolto dopo 34 anni di crudele agonia in carcere, Sakae Menda, alcuni deputati appartenenti alla lega parlamentare per l'abolizione della pena di morte (ahimè ben poco attiva), padre Giuseppe Pittau, ex rettore dell'università cattolica (gesuita) di Tokyo, la Sophia University, dirigenti di alcune associazioni locali (Forum '90, Amnesty International) e due personaggi che per la prima volta hanno accettato di portare in pubblico la loro personale, drammatica esperienza. Alberto Stocchi, un italiano che ha visto uccidere moglie e figlia sotto i suoi occhi da uno scapestrato e gira da anni il Giappone per raccogliere firme a favore dell'ergastolo (in Giappone non c'è il carcere a vita: o vieni condannato a morte, o dopo un certo numero di anni, in genere 25, hai diritto alla libertà condizionata) e il giudice Kumamoto, primo magistrato a "pentirsi" ufficialmente per una sentenza emessa contro la sua volontà e convinzione, e che ora combatte per la revisione del processo dell'imputato che ha condannato a morte, e che da quasi 40 anni attende, nella braccio della morte, di venire impiccato. Una situazione comune a molti dei 106 condannati a morte, la cui esecuzione dipende, solo ed esclusivamente, dall'umore del ministro burlone Hatoyama.
Peccato, non mi stancherò mai di ripeterlo, che una iniziativa così valida non abbia trovato ospitalità presso il nostro Istituto, presso il quale si era inizialmente, e giustamente, rivolto Angelo De Rosa. Niente da fare. Nonostante la disponibilità espressa dal direttore, Umberto Donati (che è personalmente intervenuto al convegno) l'ambasciatore è stato irremovibile. Dopo la "primavera" c'è già in programma l'"autunno" italiano, e non vale la pena innervosire gli eventuali sponsor con battaglie poco popolari. Così l'ambasciatore non solo ha impedito all'istituto di svolgere il proprio ruolo....istituzionale, ma non ha neanche ritenuto di intervenire al dibattito, preferendo inviare il numero 2 dell'ambasciata, il ministro Aldo Amati. Il quale deve essersi annoiato a morte (nonostante lo sforzo di alcune signore italiane, che gli traducevano in simultanea i discorsi) perchè dopo un'oretta se ne è andato, senza nemmeno portare un saluto ufficiale da parte del governo italiano. E senza mostrar alcun rammarico per aver perso una grande occasione di promuovere un'immagine dell'Italia meno conosciuta, ma della quale dobbiamo andare tutti orgogliosi. Quella di un paese che ha abolito tra i primi la pena di morte e che di recente ne ha cancellato ogni residua traccia dal proprio ordinamento, anche dal codice militare.

3 commenti:

Pierluigi Zanatta ha detto...

E il nunzio Alberto Bottari de Castello, che dopo le esecuzioni natalizie del 2006 aveva promesso formalmente "passi" presso le autorita' nipponiche che non ha mai compiuto e anzi, quando gliene e' stato chiesto conto, si e' pubblicamente bestialmente incazzato, in maniera quanto mai riprovevole tanto per la sua tonaca quanto per le sue vesti di rappresentante di Sua Santita'?

Pierluigi Zanatta ha detto...

E allora che dire del nunzio a Tokyo, monsignor Alberto Bottari de Castello, che dopo le esecuzioni natalizie del 2006 aveva promesso formalmente "passi" presso le autorita' nipponiche che non ha mai compiuto: anzi, quando gliene e' stato chiesto conto, si e' pu bblicamente e bestialmente incazzato, in maniera quanto mai riprovevole tanto per la sua tonaca quanto per le vesti di rappresentante di Sua Santita'?
Che ne pensa il presidente Prodi, che dedico' proprio al succitato Bottari il primo colloquio (seppur privato) della sua ultima visita in Giappone?
Stato e Chiesa italici d'accordo per affossare definitivamente, in nome della comune incivilta', i poveri morammazzati nipponici?

Anonimo ha detto...

Articolo interessante che fa riflettere... dovrebbe far riflettere, spesso uno riflette per qualche secondo e si mette l'anima in pace credendo di aver fatto abbastanza.
Ho conosciuto il signor Stocchi di persona e l'ho incontrato in diverse occasioni e ho saputo della sua storia direttamente dall'interessato. Auguro a lui tutto il bene possibile.
Per il signor Hatoyama posso solo dire che purtroppo "IO" non ho amici cosi importanti ma seli avessi le cose forse andrebbero meglio :-)