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Comincio a pensare che l'Impero, anzichè in letale letargo, come sembrerebbe a giudicare dalle sempre più rare e noiose apparizioni del premier Fukuda, sia vivo e vegeto. E che ci sia una acuta regia, ancorchè situata lontano da Nagatachò, il quartiere del "palazzo" giapponese. Impaurito, scocciato o semplicemente annoiato e quindi disposto a prendere qualsiasi inziativa, ancorchè bizzarra, pur di far notizia, l'Impero rispolvera la vecchia strategia del "sakoku" ("chiusura del paese") e cerca di sigillare le frontiere per proteggere i suoi cittadini dalla contaminazione aliena. Successe nel XVII secolo, per difendersi dall'evangelizzazione cristiana (e sono in molti a sostenere che se non ci fosse stata quella decisione oggi sul trono del crisantemo siederebbe un gesuita), è successo qualche anno fa in occasione di mucca pazza, e ricapita in questi giorni.
La saracinesca imperiale è scattata per bloccare due pericolosissimi virus: il negri-pensiero e la bufala campana. Alla maggior parte di voi sfuggirà il nesso, ma evidentemente c'è, perchè in questo paese, osservava Roland Barthes e può confermarlo qualsiasi alieno che vi abbia soggiornato per più di qualche ora, nulla avviene per caso. Ragioniamoci un po'.
Innanzitutto,vale la pena notare che nel giro di conferenze organizzato per Toni Negri da un comitato locale che comprendeva il Gotha accademico dell'arcipelago (Todai, Geidai, Kyodai) non era prevista alcuna tappa ad Hokkaido, nonostante sia sede di una prestigiosa università. E non per caso. Il co-autore di "Impero", tradotto (e discretamente venduto) anche in Giappone, era stato fin dall'inizio "ingabbiato" nell'isola di Honshu, evitando così ogni rischio che la sua micidiale sintassi potesse raggiungere le bio-masse di Hokkaido, provocando l'insurrezione degli Ainu, degli orsi e dei coltivatori (indiretti).
Hokkaido, dopo aver eliminato ogni traccia dei suoi fieri e pelosissimi indigeni (i poveri Ainu tanto cari al compianto Fosco Maraini) ed essere sopravvissuta alla (mancata) orda di "hooligans" durante la Coppa del Mondo del 2002, sta ora subendo una efficace campagna di sterilizzazione per proteggersi dai perniciosissimi "no - global", che una ne fanno e cento ne pensano (pare che alcuni stiano complottando con Greenpeace per ottenere le mappe dettagliate delle coste, in modo da poter invadere l'isola dal mare, via Sakhalin, mentre altri meditino di travestirsi da orsi e invadere Rusutsu dalle montagne).
Hokkaido è anche la "fattoria" del Giappone: nell'isola si produce il 90% del latte e dei suoi derivati, mozzarelle e "parumisanu" compresi. Ovvio che dal "rallentamento doganale" - il nuovo eufemismo amministrativo inventato dall'Impero delle Circolari in occasione del blocco delle mozzarelle italiche - Hokkaido e le sue multinazionali del caglio azimo non possono che trarre vantaggio. Basta vedere come stanno schizzando i prezzi del cacio made in Japan, libero da diossina ma anche da ogni accenno di sapore.
Dicono che il Giappone, come l'Italia, stia agonizzando. Forse questo vale per i suoi cittadini, sempre più stanchi e vessati, costretti a combattere con le forme più aggravate delle malattie del secolo: disoccupazione, recessione, depressione, crisi della politica e dei valori sociali. Ci accumuna persino la degenerazione dello sport: da noi impazza il calcio scommesse, qui è il sacro mondo del sumo a scricchiolare sotto i colpi delle mazzette degli incontri combinati.
Ma l'Impero, come il Papato, è vivo e vegeto, e non ha nessuna intenzione di soccombere. La brillante reazione locale contro la potenzialmente micidiale alleanza gastroculturale rappresentata dal Negri pensiero e dalla Bufala campana ne è impeccabile testimonianza. Come quella del Pastore Tedesco contro chiunque, in Italia, minacci di importare lo Jamòn Iberico e il rigore laico di Zapatero.
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