sabato 11 dicembre 2010

Nuovo blog sull'Espresso

Cari tutti, volevo informarvi che da alcuni giorni ho un nuovo "blog d'autore" sulla home page dell'Espresso.
questo è l'ultimo post..."Kan bastonato"

http://demilia.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/12/11/kan-bastonato/

Cercherò di mantenere in vita anche Giappio, che tuttavia sarà molto più "personale", dedicato ad eventi e considerazioni più "privati".

Per il resto, vi invito a frequentare gli altri blog. Quello appena citato dell'Espresso e quello, storico, del Manifesto

"dal Giappone con furore"
www.ilmanifesto.it

domenica 5 dicembre 2010

Bunga bunga, ma non solo

"Feckless, vain and inefficient":, "Irresponsabile, vanesio e inefficiente". Così l'ex incaricata d'affari dell'Ambasciata Usa a Roma, Elizabeth Dibbie (nominata da Bush...), definiva, nel giugno 2009, alla vigilia del G8 dell'Aquila, il nostro Presidente del Consiglio. Ma non si parlava solo di bunga bunga e giudizi caratteriali. Ecco il testo integrale del dispaccio "Intercettato" da Wikileaks,pubblicato dal quotidiano "THE GUARDIAN", tradotto in italiano. Buona lettura e complimenti alla Dibbie. Fossero tutti come lei, i diplomatici Usa, di cazzate gli americani, in giro per il mondo, ne avrebbero fatte di meno

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1

Il sito del Guardian ha pubblicato il testo della relazione dell’incaricata d’affari dell’ambasciata USA Elizabeth Dibble dedicata a Silvio Berlusconi di cui erano state anticipate alcune frasi nei giorni scorsi. È un documento del 9 giugno del 2009 destinato al presidente Barack Obama prima della visita a Washington del PresdelCons italiano.

1. Signor Presidente, il suo incontro col Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi cade in un momento in cui i suoi consiglieri più vicini temono che l’Italia stia perdendo la credibilità e influenza di cui ha goduto a Washington sotto la precedente amministrazione. In effetti, mentre l’Italia è stata un solido partner e alleato in quasi tutte le oprazioni guidate dagli Stati Uniti nel mondo dalla fine della Guerra Fredda, le debolezze politiche interne e i guai economici stanno affievolendo la sua influenza internazionale. L’Italia continua ad appoggiare il nostro impegno in Afghanistan, Libano, Iraq e nei Balcani, ma le sue istituzioni diplomatiche, militari ed economiche, a cui il governo Berlusconi e i suoi predecessori hanno sottratto risorse, sono molto affaticate.

Berlusconi e il suo governo hanno cercato di compensare la povertà di investimenti nei suoi strumenti di forza nazionale presentando l’Italia come un mediatore e interlocutore con i protagonisti difficili delle maggiori tensioni internazionali. Questo ruolo autonominato qualche volta ha complicato le iniziative internazionali. Sull’Iran, per esempio, il ruolo italiano durante il precedente governo aveva dato a Teheran l’impressione che la comunità internazionale fosse divisa. Più di recente le azioni del governo hanno dato alla Russia un palcoscenico europeo per sfidare gli interessi della Nato sulla sicurezza in Europa.

Berlusconi si presenterà certamente come la migliore speranza per moderare i comportamenti russi e cercherà da lei dei segnali che gli diano il mandato di parlare a nome dell’Occidente. Cercherà anche di usare la presidenza italiana del G8 per affrontare temi ben al di là degli obiettivi e capacità dell’organizzazione. Dobbiamo scoraggiare entrambe le tentazioni. L’Italia ha una voce importante nella comunità euroatlantica, ma i suoi sforzi si sono mostrati costruttivi solo quando intrapresi in coordinamento con gli Stati Uniti egli altri alleati maggiori.

2. La nostra relazione con Berlusconi è complessa. A parole è filoamericano e ci ha aiutato a sviluppare i nostri interessi su molti piani in un modo e una dimensione che il governo precdente non era intenzionato o capace di perseguire, sia dal suo ritorno al potere la scorsa primavera che nei suoi precedenti governi. Nei suoi primi 90 giorni ha approvato la creazione di una controversa base statunitense che era stata bloccata da un’inerzia diplomatica e un’opposizione politica antiamericana; ha eliminato le opposizioni alla presenza di truppe italiane in Afghanistan; e ci ha permesso di installare due o tre comandi Africom in Italia. Allo stesso tempo, ha criticato la difesa missilistica, l’allargamento ella Nato e il sostegno all’indipendenza del Kosovo definendole provocazioni americane nei confronti della Russia.

Ha sostenuto che il colpo militare di Putin in georgia fosse necessario per porre fine allo sterminio di innocenti causato dal presidente georgiano Saakashvili. Mostra un’esagerata sicurezza di sé bsata suna solida e stabile popolarità politica che lo ha reso sordo a ogni dissenso. Lo stretto controllo che esercita sul suo governo e sul suo partito impedisce al suo staff di dargli informazioni spiacevoli Il suo stile di governo non ortodosso, assieme alle sue frequenti gaffe verbali e agli scandali da prima pagina (comprese le liti pubbliche sui suoi pretesi dongiovannismi) hanno portato molti, anche nel governo degli USA, a ritenerlo inetto, vacuo e inefficace come leader europeo moderno.

3. Nonostante i suoi difetti personali, emarginare Berlusconi limiterebbe i livelli di cooperazione con un alleato importante. Berlusconi è uno dei politici che dura da più tempo in Europa e la sua popolarità in Italia garantisce la sua influenza del panorama politico italiano dei prossimi anni. Ha fatto terminare il periodo dei governi italiani inefficienti e deboli che hanno afflitto questo paese dalla fine della Seconda guerra mondiale. Quando è stato coinvolto con efficacia, ha dimostrato la volontà di assumere provvedimenti, anche impopolari, in linea con i nostri, incluso il sostegno all’espansione del ruolo della NATO in Afghanistan e all’entrata della Turchia nell’Unione Europea.

Quando viene ignorato, tende a ritagliarsi un ruolo visibile e spesso poco utile per sé nel quadro internazionale. Avere a che fare con Berlusconi, comunque, richiede un buon equilibrio e una buona coordinazione con lui e con i suoi principali consiglieri e al tempo stesso occorre evitare di dare l’impressione che egli possa parlare a nome nostro con i leader più difficili del mondo.

4. In Italia ci sono state le elezioni per il Parlamento Europeo nei giorni del 6 e del 7 giugno, che hanno confermato il Popolo della Libertà, il partito di Berlusconi, come il principale partito dell’Italia con il 35% dei consensi, molto avanti rispetto al principale partito dell’opposizione, il Partito Democratico al 26%. Anche se Berlusconi non ha un rivale competitivo nel centrosinistra, il suo partito ha mancato l’obiettivo del 40%, e ha dovuto registrare la crescita del partito xenofobo della sua coalizione, la Lega Nord. Il PdL è un partito basato sulla personalizzazione del suo leader, l’ideologia del partito è riassumibile nel “Berlusconismo”.

Il mancato obiettivo del 40% può essere attribuito alle velleità di Berlusconi, così come agli effetti di settimane di attacchi personali da parte del centrosinistra durante la campagna elettorale che hanno anche compreso illazioni su illeciti fiscali e scandali sessuali. Un effetto destinato a durare nel tempo delle elezioni sarà la crescente competizione tra PdL e Lega Nord, che ora dominano il quadro politico italiano. Le posizioni intransigenti della Lega Nord sulla sicurezza e contro l’immigrazione hanno ottenuto molta approvazione, anche se Berlusconi ha cercato di deviare il flusso di voti dalla Lega al PdL utilizzando la medesima retorica contro l’immigrazione. Inoltre, dopo questo lieve ribasso elettorale, possiamo aspettarci che Berlusconi utilizzi l’incontro alla Casa Bianca e il fatto di ospitare il G8 per mostrare agli italiani la sua importanza su scala internazionale.

5. Crisi economica
Le pratiche bancarie prudenti (qualcuno direbbe noiose) hanno consentito all’Italia di evitare il tracollo del settore finanziario. Le banche dell’Italia non si sono semplicemente impegnate sul fronte dei sub-prime, e non hanno acquistato titoli tossici che hanno causato così tanti problemi negli Stati Uniti e altrove. Ma l’Italia non è stata in grado di evitare i dolorosi effetti della recessione economica che ha seguito la crisi finanziaria. Il tasso di crescita dell’Italia, che era relativamente basso anche prima della crisi, è precipitato a causa del netto calo delle esportazioni e della ridotta domanda interna. La disoccupazione dovrebbe superare l’otto percento quest’anno e salire ancora nel 2010. Gli introiti dovuti alle imposte sono – non inaspettatamente – molto bassi. L’alto livello del debito pubblico dell’Italia e i limiti imposti dall’Unione Europea impediscono al governo di realizzare stimoli fiscali per smuovere l’economia.

6. G8
Il G8 organizzato da Berlusconi è stato segnato da un alto numero di incontri con ministri e sottosegretari insieme alla decisione dell’ultimo minuto di spostare il summit dalla Sardegna alla città dell’Aquila devastata da un terremoto, una decisione che ha sorpreso anche i suoi assistenti più fedeli. Egli e il suo cabinetto vedono nel G8 italiano più una opportunità di accattivarsi l’Egitto, la Spagna e la Libia rispetto alla possibilità di affrontare i problemi del mondo. Tuttavia, il suo desiderio di evitare che il G8 diventi secondario rispetto al G20, a suo modo di vedere, ha fatto sì che vi sia un’agenda ambiziosa che potrebbe portare a importanti contributi per il riscaldamento globale, l’Africa e lo sviluppo. Sarà desideroso di collaborare con lei per costruire una eredità di iniziative del G8 che porteranno l’etichetta dell’Italia. L’incontro del Major Economies Forum nel corso del G8, che comprenderà i leader di oltre 17 paesi che creano l’80 percento delle emissioni inquinanti su scala globale, sarà un’importante occasione per trovare un ampio consento in vista della riunione di Copenhagen a Dicembre dell’ONU sul cambiamento climatico.

7. Detenuti di Guantanamo
Berlusconi ha accolto la sua decisione di chiudere Guantanamo, e ha pubblicamente e ripetutamente sottolineato il desiderio dell’Italia di sostenere questa mossa accogliendo alcuni detenuti. Il ministro degli esteri Frattini ha confermato al ministro dellagiustizia statunitense Eric Holder le offerte dei funzionari italiani presso l’Unione Europea per negoziare un progetto di azione comune che aiuterà i diversi paesi a stringere degli accordi con gli Stati Uniti. Anche se la minoranza interna alla coalizione di Berlusconi si oppone a prendere questi detenuti, Berlusconi ha detto chiaramente che vede questo come un impegno morale nei confronti degli Stati Uniti.


8. La dipendenza dalle fonti energetiche della Russia, gli accordi poco trasparenti e molto vantaggiosi tra Italia e Russia, e un rapporto personale molto stretto tra Berlusconi e Putin hanno distorto le visioni del primo ministro a tal punto da convincerlo che buona parte delle frizioni tra Occidente e Russia siano causate dagli Stati Uniti e dalla NATO. Agendo da mediatore, Berlusconi pensa di poter riaprire il dialogo e la cooperazione tra l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia, ma concentrandosi soprattutto sulla Russia, ritardando l’influenza della NATO sull’Ucraina e sulla Georgia, diluendo gli sforzi dell’Unione Europea per promotore la democrazia in Bielorussia, e minando l’importante ruolo dell’OSCE nel promuovere valori umani e democratici attraverso l’Europa.

Berlusconi ha pubblicamente proposto di mediare le sue relazioni con il presidente russo Medvedev e confida che lei gli darà un segnale, anche piccolo, per dimostrare il suo consenso. Invece, lei potrebbe dire a Berlusconi che noi pensiamo che i problemi di sicurezza che interessano la comunità occidentale dovrebbero essere affrontati dall’Alleanza nel pieno delle sue forze, e che gli Stati Uniti non sono preparati per scarificare alcuni valori in cambio di una stabilità nel breve periodo sulla base delle promesse della Russia di comportarsi bene. E che reagiremo – e lo stesso confidiamo farà chi condivide i nostri valori – quando la Russia oltrepassa il limite, per esempio minacciando la sovranità degli stati vicini.

9. Energia
I rapporti personali stretti tra Berlusconi e Putin e i rapporti ancora più stretti tra la società parastatale italiana ENI e quella russa Gazprom mettono spesso l’Italia in una posizione nettamente in contrasto con gli sforzi del governo statunitense di ridurre la dipendenza dell’Europa dalle fonti energetiche russe. Per esempio, il governo italiano è sostanzialmente ambivalente sui progetti che dovrebbero aiutare l’Europa a diversificare le sue importazioni energetiche, ma al tempo stesso sostiene altri progetti che aumenterebbero la presenza dell’energia dalla Russia in Europa.

L’ENI, posseduta al 30% dal governo italiano, spesso condizionale le politiche energetiche del governo e utilizza la sua influenza, attraverso il governo italiano, per bloccare i piani di liberalizzazione del mercato energetico in Europa. Tuttavia, l’Italia sta compiendo alcuni passi nella giusta direzione sostenemmo progetti che diversificheranno le sue fonti energetiche. Sarebbe utile se lei potesse portare all’attenzione di Berlusconi le preoccupazioni del governo statunitense sulla sicurezza energetica europea, enfatizzando il fatto che aumentando i flussi di gas russo superando l’Ucraina non è la stessa cosa rispetto a ricercare diverse nuove fonti energetiche e nuove tecnologie.

10. L’amministrazione Berlusconi sta cercando di riportare l’energia nucleare in Italia. Le aziende statunitensi Westinghouse e GE stanno affrontano la competizione dei rivali stranieri, in particolare della Francia, che stanno facendo pressioni sul governo italiano. È cruciale che gli Stati Uniti chiedano a Berlusconi una competizione corretta e trasparente se le aziende americane vogliono avere le giuste possibilità di puntare ai progetti nucleari dell’Italia.

11. Iran
Con un’Italia delusa dall’esclusione dal P5 più 1 [i cinque paesi membri del consiglio di sicurezza dell'ONU più la Germania, ndr], Berlusconi sottolineerà la volontà dell’Italia di essere un interlocutore tra Occidente, Israele e Iran, rivendicando le eccellenti relazioni con tutte le parti coinvolte. Potrebbe anche spingere per ottenere una revisione complessiva del modello P5 più 1. Le autorità italiane sono rimaste entusiaste dal suo impegno di avviare rapporti diplomatici diretti con l’Iran, ma non riescono a resistere alla tentazione di essere parti attive nella creazione dell’evento. Il ministro degli esteri Frattini ha lavorato a lungo per garantire una presenza iraniana all’incontro tra Afghanistan e Pakistan del 26 e 27 giugno, sperando di rivestire un ruolo nel primo incontro tra delegati statunitensi e iraniani degli ultimi decenni.

12. Libia
Berlusconi ha proseguito nella sua politica per sviluppare ed espandere le relazioni tra Italia e Libia, principalmente per arrestare il flusso di immigrati irregolari provenienti dalle coste libiche, ma anche per trarre un accesso più vantaggioso alle riserve di petrolio libico per le società italiane, come l’ENI. Come conseguenza del Trattato di amicizia tra Libia e Italia del 2008 – che ha impegnato la Libia a intensificare le misure per trattenere gli immigrati irregolari ed evitare che dalle proprie coste arrivino in Italia, e che ha anche portato a cinque miliardi di dollari di investimenti per lo sviluppo del paese – il leader libico Gheddafi andrà per la prima volta in visita ufficiale a Roma tra il 10 e il 12 giugno, poco prima della visita di Berlusconi a Washington. Come attuale presidente dell’Unione Africana, Gheddafi sarà presente al summit del G8 all’Aquila e le anticipo che Berlusconi potrebbe fare pressioni per farla incontrare con il leader libico durante la visita.

13. Un alleato per la sicurezza
Berlusconi ha mantenuto un impegno militare significativo per l’Afghanistan (2.600 uomini, perlopiù provenienti dai comandi occidentali italiani), ma è passato da quarto a sesto più importante partecipante nella missione ISAF (International Security Assistance Force) quando la Francia e il Canada hanno deciso di aumentare i loro contingenti. All’incontro di Strasburgo – Kehl, il suo governo si è impegnato per un modesto aumento per coprire la sicurezza nel periodo elettorale che, se reso permanente, porterebbe nuovamente l’Italia nel novero dei principali partecipanti alla missione ISAF. Berlusconi ha anche sostenuto la creazione di una missione per inviare formatori della NATO in Afghanistan, raddoppiando il numero di Carabinieri per la formazione e portandolo oltre cento unità. L’Italia è stato un partecipante privo di vitalità negli sforzi internazionali sui fronti dell’Afghanistan e del Pakistan e ha tagliato i fondi per le missioni all’estero del 60 percento nel budget di quest’anno. Tuttavia, Berlusconi sa che questa è una priorità per gli Stati Uniti e probabilmente sarà collaborativo se lei lo spingerà a fare di più per l’area.

14. I nostri interessi comuni con l’Italia vanno oltre l’Afghanistan. Le strutture statunitensi in Italia consentono una libertà d’azione incomparabile e sono critiche per la nostra capacità di mantenere stabili le aree del Mediterraneo, del Medio Oriente e del Nord Africa. Abbiamo quindicimila uomini nelle sei basi italiane e queste installazioni militari ospitano alcune delle nostre più avanzate risorse sviluppate fuori dagli Stati Uniti. Le nostre basi e le nostre attività fuori dall’Italia non sono molto popolari, ma il primo ministro Berlusconi, in questo governo, ha deciso di rendere prioritari i rapporti legati alla sicurezza, e il governo italiano ha sempre accettato le nostre richieste, nonostante i rischi per la politica interna.

Il governo italiano ha approvato l’espansione della base di Vicenza per consolidare la 173 brigata dell’aviazione, lo sviluppo della USAF Global Hawk UAV in Sicilia e la possibilità di far stabilire sul territorio italiano l’AFRICO e i comandi della Marina. La leadership dell’Italia in altre missioni oltreoceano ci consente di concentrare i nostri sforzi sulle nostre priorità. In aggiunta alle sue truppe in Afghanistan, l’Italia ha al momento 2.300 uomini impegnati nei Balcani, 2.400 in Libano ed è uno dei principali partner nella NATO Trading Mission in Iraq.

mercoledì 24 novembre 2010

Nobel for Peace/2 - Hiroshima, concluso il Summit dei Nobel per la Pace. Con qualche polemica...ma anche tanta soddisfazione





Con una bellissima, solenne e al tempo stesso sobria cerimonia al Parco della Memoria ( a pochi passi dal Museo della Bomba Atomica) si è concluso a Hiroshima, lo scorso 24 novembre, l'11 Summit dei Nobel per la Pace, dedicato al disarmo nucleare.
(http://www.nobelforpeace-summits.org)
Nonostante alcune importanti defezioni dell'ultima ora (Gorbaciov e Walesa hanno disdetto poche ore prima l'inizio dei lavori), al vertice hanno alla fine partecipato sei Nobel individuali (Dalai Lama, F.W. De Klerk, Mairead Corrigan Maguire, Shirin Ebadi, Mohamed El Baradei, Jody Williams) e 12 "istituzionali" (Amnesty Internazionali, Red Cross, etc etc). Sul palco anche un sopravvissuto della bomba, Tsuneo Tsuboi (86 anni), due rappresentanti dei Nobel "imprigionati" Aung San Suu Kyi (la cui liberazione è giunta mentre eravamo tutti a cena, su una nave messa disposizione dal governatore di Hiroshima, Yuzaki) e Liu Xiaobo.




Inutile dire che in quest'ultimo caso le autorità giapponesi hanno fatto di tutto - senza peraltro riuscirci - per mettere la sordina a Wuer Kaixi, uno dei leader della rivolta di Tien Anmen chiamato a rappresentarlo. La Cina conta un po' più della Birmania, e la prefettura di Hiroshima, come il resto del Giappone, ha bisogno dell'interscambio commerciale e degli investimenti cinesi per mantenere l'attuale, debole ripresa dell'economia. E ai cinesi non deve aver fatto piacere che mentre il loro presidente. Hu Jintao, era a Yokohama, per partecipare assieme ad Obama al vertice dell'APEC, a Hiroshima, difronte alla stampa di tutto il mondo si incontravano due "diavoli": il Dalai Lama e Wuer Kaixi





Walter Veltroni, l'ex sindaco di Roma (città che ha tenuto a battesimo il primo Summit ospitandone poi otto edizioni di seguito) ha aperto e chiuso i lavori, che hanno visto sei sessioni moderate da famosi ed esperti giornalisti (tra i quali, lo dico con grande orgoglio, il direttore di Sky Tg24 Emilio Carelli). Ad allietare tuttim con la sua simpatia e gentilezza d'animo, c'era pure Roberto Baggio, al quale i Nobel hanno offerto il premio "uomo di pace 2010" per il suo impegno costante a favore della pace nel mondo, compreso l'aiuto concreto alla battaglia per la democrazia in Birmania.



Aldilà dei risultati concreti, il disarmo nucleare è un sogno ahimè lontano, e delle polemiche sollevate dalla "pesante" assenza di Barack Obama (presente in Giappone, ma che ha preferito una giornata di relax a Kamakura piuttosto che venire a Hiroshima e sollevare un altro vespaio di polemiche in patria) e dalla mancanza, nel documento finale, di un riferimento diretto alla liberazione del Nobel cinese incarcerato Liu Xiaobo (peraltro approvato dai Nobel, con documento separato), per me è stata un bellissima esperienza sia dal punto di vista professionale (come responsabile dell'Ufficio Stampa), sia, e soprattutto, dal punto dio vista umano. Non capita tutti i giorni di stare a contatto, con tanti uomini e donne, riuniti insieme, che hanno cambiato il mondo. Presiedere la conferenza stampa finale, con sei Nobel e Baggio è stato una delle esperienze professionali più belle.




Sono dunque grato a tutti gli amici del segretariato, Ekaterina, Silvia, Enzo e Matteo. A cooptarmi in questa vicenda è stato Enzo, deus ex machina del Summit (e di chissà quanti altri più o meno noti consessi) che per caso, un giorno, ho incontrato nella "povera", ma bellissima e sempre ricca di sorprese, Calabria. Il mio coinvolgimento in questa stupenda avventura è nato lì, sgranocchiando pistacchi e tartine di 'nduja e guardando lo splendido mare (Tropea, se non mi sbaglio). Eccolo, Enzino, ritratto mentre parla al telefono, il giorno della partenza da Hiroshima. In tedesco. Che stia già "sistemando" le cose per il prossimo Conclave?


Ecco alcuni link per vedere i servizi realizzati per Sky. Ma in rete c'è molto di più.

http://www.youtube.com/watch?v=CHL2haO9o2E
http://www.youtube.com/watch?v=cKnpU1tLBe0
http://www.youtube.com/watch?v=cJ6yBVmgKEY
http://www.youtube.com/watch?v=27jp2tieK3g

Nobel for Peace/1 - Dal successo di Hiroshima alla delusione di Rangoon



Eccomi qui di nuovo. Chiedo scusa per la lunga assenza e mi accingo ad aggiornare quei pochi (ma buoni, spero) che ancora mi seguono sugli ultimi avvenimenti. Innanzitutto, scrivo da Bangkok, dove mi sono dovuto fermare e arrendere di fronte al rifiuto del governo birmano di concedermi il visto. Domani avevo un appuntamento con "la signora", per intervistarla e consegnarle due lettere, una di Walter Veltroni, copresidente del Summit dei Nobel per la Pace appena conclusosi, con grande successo, a Hiroshima (vedi post successivo e http://www.nobelforpeace-summits.org) e l'altra del grande Roberto Baggio, che proprio a Hiroshima ha ricevuto un premio dai Nobel ("uomo di pace 2010") anche per la sua lunga e generosa attività a favore di Aung San Suu Kyi ed il ritorno della democrazia in Birmania. Niente da fare. Con le pive nel sacco, mi tocca tornare a Tokyo senza avere l'onore e la gioia di rivedere Aung San Suu Kyi, finalmente libera (ieri ha potuto riabbracciare, dopo 11 anni, uno dei suoi figli), che a suo tempo ho conosciuto e intervistato un paio di volte. Sono davvero triste e deluso. Anche perchè altri colleghi, in questi giorni, sono riusciti ad entrare, come "turisti". Io avevo tentato la stessa strada. Forse sono più "famoso" di altri. Forse, più probabile, solo più sfigato. Fatto sta che non mi fanno entrare. Vade retro. Pussa via.

Peccato, pensavo che dopo la liberazione di Aung San Suu Kyi - e le voci di un neanche troppo inaspettato, probabile "inciucio" che consenta un minimo di "movimento" all'opposizione e alla giunta di restare al potere traghettando, senza ulteriori spargimenti di sangue, la Birmania fuori dall'isolamento internazionale in cui si è cacciata - la morsa del regime contro i "giornalisti" si fosse allentata. E invece no. Ieri mi hanno prima concesso, eppoi immediatamente revocato, il visto. Un bel timbro rosso, sul passaporto nuovo di zecca, mi bolla come "journalist". Categoria evidentemente più pericolosa di pedofili, contrabbandieri, trafficanti e lestofanti di vario tipo e genere, che continuano liberamente ad entrare e uscire, senza problemi.





Pazienza. Mi consola il fatto che tutte, ma proprio tutte, le dittature, PRIMA O POI vengono spazzate via. E che anche i generali sono esseri umani. Prima o poi, schiattano. Spero solo che quando ci lascerà l'attuale tiranno Than Shwe (cfr. ottimo link dell'Economist, molti ignorano le gesta di questo signore, file:///Users/user/Desktop/Myanmar's%20Than%20Shwe:%20A%20tyrant%20nobody%20knows%20%7C%20The%20Economist.webarchive) il mondo non si inchini di nuovo al capezzale del regime, con la scusa del protocollo diplomatico.
Sono ancora vive le polemiche di quando, nel 2007, i pochi ambasciatori occidentali, compreso quello italiano, Giuseppe Cinti, parteciparono ai funerali di stato di Soe Win, l'ex capo della giunta noto come "il macellaio di Rangoon" per il ruolo svolto nella sanguinosa repressione contro monaci e studenti.
Ora, dopo un lungo periodo di assenza di un capo missione, a Rangoon è arrivato come "Incaricato d'affari" un giovane e preparato diplomatico, Polo Bartorelli, che negli ultimi anni aveva seguito come consigliere diplomatico Piero Fassino, inviato speciale per la Birmania dell'Unione Europea. Speriamo che abbia più fortuna, e soprattutto più coraggio, di (alcuni) suoi recenti predecessori.

giovedì 8 luglio 2010

"Resistenza istituzionale": quando un sindaco cita il governo, per danni



L’accordo con gli Stati Uniti, che pare eterno e blindato, ha già prodotto effetti funesti per il partito democratico, costretto ad abbandonare le vecchie posizioni anti-basi e rischire di pagare un alto prezzo in termini elettorali. In occasione delle imminenti elezioni per il rinnovo parziale della Camera Alta, il prtito democratico, non riesce nemmeno a piazzare un candidato nei quattro collegi uninominali, e al proporzionale è costretto ad appoggiare – senza grande entusiasmo – il senatore uscente Shoukichi Kina, popolarissimo cantautore, coordinatore del partito locale, che ha “rotto” con il partito e sta percorrendo in questi giorni l’isola a bordo di un pullmino con la scritta: “Checchè si decida a Tokyo, qui la nuova base non si farà”. Quando il premier Kan, suo amico personale da anni, è andato a Okinawa, lo scorso 23 giugno, ha preferito non incontrarlo. E pensare che, quindici anni fa, era Kan a pregare Kina di seguirlo durante la campagna elettorale in tutto il Giappone, vista la sua popolarità e l’impatto delle sue canzoni di protesta.



Nel frattempo, la vicenda di Okinawa e della nuova, "costruenda" base di Henoko, si complica ulteriormente. Nonostante l'accordo tra i due governi, resta il fatto che l'ultima parola resta al governatore dell'isola (che gode di uno statuto autonomo) e, in fine dei conti, della popolazione, visto che anche Kan ha ribadito, nei giorni scorsi, che non intende ricorrere alla forza per smantellare i piccoli,, ma capillari e strategici, "presidi permanenti" che da anni hanno di fatto bloccato l'inizio dei lavori.


Anche sul piano istituzionale ci sono novità. Il popolare e l combattivo Yoichi Ina, sindaco di Ginowan, la città il cui centro è occupato (letteralmente) dalla gigantesca base militare di Futenma (caso unico al mondo: la pista di atterraggio sorge in pieno centro, e ha provocato il più alto tasso di sordità nel paese, nella popolazione), ha deciso di far causa al governo centrale. In attesa di annunciare la sua probabile candidatura a governatore, il sindaco ha confermato di voler citare il governo per i danni causati, nel corso degli anni, alla popolazione. “La base si è rivelata pericolosa e dannosa per la cittadinanza, e ciò, oltre a rilevanza politica, comporta una responsabilità civile e penale”.
Per una volta, ci sarebbe da copiare dai giapponesi.

lunedì 5 luglio 2010

THE COVE: per chi suona la campana?







In questo caso, per nessuno. E invece dovrebbe suonare un po' per tutti.

Ma voi, uomini d'oggi, da quale follia e da quale assillo siete spronati ad aver sete di sangue, voi che disponete del necessario con tale sovrabbondanza? (Plutarco)

Il casino scoppiato sabato 3 luglio a Tokyo (e un po' anche a Yokohama) dove due piccoli cinema d'essai sono finalmente riusciti a proiettare, nonostante gli schiamazzi della "destra a ore" precettata via web, THE COVE, il docufilm USA che ha vinto l'oscar e che racconta la mattanza dei delfini che ogni anno una piccola corporazione di pescatori arroganti e paraculi compie - in gran segreto (se ne sa oramai più all'estero che in Giappone!) e ottimi guadagni - in quel di Taiji (prefettura di Wakayama) offre numerosi spunti di riflessione. Tutti, ahimè, abbastanza tristi.

THE COVE
(potete vedere qui il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=OYKNCN1ESZM
questo è invece quello giapponese, molto "edulcorato"
http://www.youtube.com/watch?v=zwjq_vvTk1w&feature=related
fino al 18 luglio, a Tokyo, potete vedere il film presso il cinema IMAGE FORUM, a Shibuya, tel.03-5766-0114
tre spettacoli: ore 13, 15 e 17






IL FILM
Andiamo con ordine. Primo, il docufilm, costato 5 milioni di dollari sborsati dal "grande fratello", il boss di You Tube, non è un capolavoro cinematografico e non meritava certo l'Oscar. Altri giornalisti e cineoperatori (compreso il sottoscritto...) hanno documentato in passato, e forse con maggiore obiettività, la strage dei delfini (che per i giapponesi, detto per inciso, non sono amorevoli creature giocose e intelligenti quanto fastidiosi e voraci "maiali di mare", come indicano chiaramente i due caratteri 海豚 di IKURA, termine locale per "delfino") perpretrata a Taiji. Nulla di tanto più osceno dei riti tribali compiuti alle isole Faroe della democraticissima e ambientalista Danimarca (http://www.thepetitionsite.com/1/end-whale-dolphin-slaughter-in-the-faroe-islands) o nelle gettonatissime (un tempo) "mattanze" nostrane. Guardate questo video, e ditemi in cosa differisce con la strage di Taiji!. HA proprio ragione Masayuki Komatsu, ex capo negoziatore de governo giapponese per la caccia alle balene:
"sostenere che ammazzare i tonni è giusto perche sono stupidi, e i delfini no perchè sono intelligenti è inaccettabile: siamo al nazismo ittico"
http://laverabestia.org/play.php?vid=2175







Il successo del film THE COVE nasce da una colossale operazione di marketing (questo sì, un capolavoro), che ha visto opporsi, nel corso di vari anni, da un lato i professionisti di Hollywood, Sea Shepard e l'allenatore "pentito" di Flipper, Rick O'Barry, divenuto una sorta di "ecoterrorista", dall'altro un gruppo di "buzzurri" locali (ci si passi il termine) che invece di spiegare, trattare (come altre comunità hanno fatto, e con successo, per esempio nella vicina penisola di Izu) la riconversione della mattanza in "dolphin watching" e magari assumere un addetto stampa hanno fatto testardamente quadrato per difendere il loro lucroso business (perchè SOLO di questo si tratta, un delfino vivo vale 300 mila euro, mentre la carne finisce in cibo per gatti, altro che "tradizioni gastroulturali"!) e alla fine, vista la mala parata internazionale e locale hanno finito per diventare ostaggio della destra a gettone.




Ovvio che la battaglia fosse impari. Gli americani hanno giocato un po', poi si sono stufati e hanno usato la "bomba", per fortuna solo virtuale. Guardate il film, gli "ordigni" utilizzati per le riprese e le sofisticate tecniche di montaggio e capirete perchè, alla fine, i "poveri" pescatori di Taiji, più ignoranti e testardi che farabutti, alla fine fanno la fine dei massacratori del secolo. L'imbecillità della destra "a gettone", e di chi la gestisce, sta proprio qui: se il film venisse proiettato in tutte le sale del Giappone, probabilmente si avrebbero reazioni diverse, e positive. Da un lato, i giapponesi verrebbero a conoscenza di una "tradizione" (si fa per dire) che ignorano e contro la quale probabilmente si ribellerebbero (e con maggiori chances di sopprimerla, a nessuno piace ricevere "ordini" da qualsivoglia "gendarme" del mondo), dall'altro il film verrebbe (giustamente) criticato per la sua faziosità e per il commento (che i sottotitoli giapponesi in qualche modo attenua) decisamente ostile e, diciamolo pure, un po' razzista. Ma provate a vederlo, e giudicate voi stessi.


"PATRIOTI", A ORE: la destra in affitto




I protagonisti degli schiamazzi, difficile trovare un altro termine, meritano un discorso a parte. Si chiamano "uyoku", termine traducibile con "destrorsi". A Tokyo sono migliaia, sotto centinaia di sigle, e sono in vendita. Anzi, in affitto. Una sorta di destra interinale (e non escludo che ci potrebbe essere una versione di sinistra, se solo ci fosse un "mercato").
Gli "uyoku" prestano servizio a ore, e un tempo erano molto ricercati. Un famoso politico, li usava per "sfiancare" la concorrenza. Ne mandava un centinaio a far casino sotto casa del "nemico" e, questione di giorni o spesso ore, il poveraccio si dimetteva o dava di matto ed era costretto comunque a dimettersi. Ora che la politica è in crisi, e d il business pure (altro servizio "storico" prestato era quello di presentarsi alle assemblee dei soci e intimorire chiumque alzasse la mano per chiedere chiarimenti o verifiche) gli "uyoku" si sono messi sul mercato. Una conoscenza del mondo politico o della yakuza può essere utile per uno sconto o per evitare grane successive (ricatti etc) ma in linea di massima sigle, specializzazioni, nomi dei leader, indirizzi e perfino tariffe sono pubblici. Un mio amico canadese li ha usati, una volta, per far desistere il padre di una sua ex, che voleva perforza diventare suo suocero. E' bastato un camion di "patrioti" e un paio d'ore di inni e marcette a massimo volume (incredibile come la polizia permetta questo scempio ambientale) per far desistere il potenziale suocero. Le tariffe sono negoziabili, e a volte pare ci sia anche un "bonus", nel caso che lo schiamazzo (ma attenzione, a volte l'intimidazione assume carattere più serio) porti al risultato voluto.


oltre al servizio realizzato per SKY TG24, che potete vedere su questo link
http://www.frontierproductions.jp/sky/web_thecove_jpnpremiere.mov
fatevi un giro su you tube indigeno, partendo da qui:
http://www.youtube.com/watch?v=VHMdSt5HGJI&feature=related
e non perdendovi
http://www.youtube.com/watch?v=g608gxOf764&feature=related
dove un "patriota" si autoriprende mentre, previo inchino alla telecamera, effettua una serie di telefonate minatorie ai gestori dei cinema di Osaka, per "coinvincerli", tra sberleffi, insulti e minacce, a non proiettare il film "che offende i nostri pescatori"



SCHIAMAZZI A COMANDO






Chissà se ieri i patrioti a ore hanno ricevuto il bonus. Dubito. Darsi da fare si sono dati da fare, ma erano quattro gatti e scarsi mezzi, solo un toyotone con megafono e qualche vuvuzela artigianale. Insulti a gogo contro i gornalisti stranieri ("fascisti", "imperialisti" ci urlavano, in evidente confusione mentale) e un unico cazzotto ben mirato al povero Kunio Suzuki, un deputato che a furia di piroette non ci capisce più nulla e si ritrova sempre dalla parte sbagliata. Ex patriota noto per urlare nudo, in oieno d'inverno, ai russi il suo odio per il mancato rirtorno delle Curili Meridionali, è passato al movimento no global e ieri era davanti al cinema per difendere il diritto d'espressione. "Dobbiamo crescere, e giudicare". Uno scalmanato sdentato gli ha mollato un pugno, per la gioia delle telecamere che cominciavano a dileguarsi.


Il tutto è durato, come da contratto e da evidente accordo con la polizia, appena un’oretta. Una signora in guanti bianchi ha raccolto cartelli, striscioni e megafoni, distribuendo in cambio il “bento”, il pranzetto al sacco. In genere questi patrioti interinali ricevono in loco anche il cosiddetto “kotsudai” (rimborso spese di trasporto, eufemismo per “paghetta”), ma con tutta quella stampa straniera in giro evidentemente hanno preferito evitare.... Riceveranno un bonifico, magari sul cellulare. Saranno anche un po' beceri, ma pur sempre "on line", i patrioti in affitto.


BRUTTO GIORNO PER IL GIAPPONE (e i giapponesi)

Alla fine, a rimetterci sono i giapponesi. Che all’estero continuano ad essere (ingiustamente) accusati di essere dei barbari massacratori (e divoratori) di delfini, mentre in patria continuano ad essere trattati come adolescenti,e tenuti all'oscuro non solo della "mattanza" di Taiji, ma di tante altre questioni "sociali" (fuori casta, discriminazioni contro coreani e cittadini stranieri in generale, condizione di detenzione nei carceri, manicomi e orfanotrofi, etc etc). E dispiace che, in piena campagna elettorale, nè il governo nè il premier Naoto Kan abbiano ritenuto di dover intervenire sulla faccenda. Ne hanno parlato tutti i giornali, ma nessuna reazione da parte del governo. Forse Kan avrebbe dovuto intervenire e dire chiaramente che il Giappone è un paese democratico, che la libertà di espressione ed informazione è garantita dalla Costituzione e che i giapponesi sono abbastanza maturi per "sopportare" qualsiasi "provocazione". Anche quella di sentirsi accusati di barbarie. Del resto uccidere i delfini non è un "reato", non sono specie particolarmente protette e non si tratta di una tradizione gastroculturale (visto che oltre il 90% dei giapponesi l'ignora e non ha mai mangiato carne di delfino), ma puro business. Di cui, diciamocelo, siamo un po’ tutti responsabili, visto che quando portiamo i nostri figli nei delfinari, ad ammirarne le evoluzioni, alimentiamo, direttamente, il commercio di questi poveri mammiferi e, alla fine dei conti, il conto in banca dei pescatori di Taiji.

lunedì 28 giugno 2010

Il baciamano



Non capita tutti i giorni e non capita a tutti. Farsi baciare la mano dal Dalai Lama!!!!

A me è capitato e voglio condividere questa bellissima, curiosa e inaspettata esperienza con tutti voi.
Giorni fa ho presieduto una conferenza stampa del Dalai Lama, di nuovo da queste parti. Oltre 200 persone hanno ascoltato la sua breve introduzione e poi si sono lanciati in una lunga sessione di Q&A (domande e risposte).
Una riguardava la mancanza di "guida" da parte dei genitori e degli insegnanti. "una volta i ragazzi erano più seguiti, sia dai genitori che dagli insegnanti - ha detto il Dalai Lama - e ogni tanto ci scappava un affettuoso scappellotto..." Dopodichè solleva la mia mano (che tiene sempre stretta, quando sono seduto vicino a lui) e la percuote. Affettuosamente, ma decisamente. Io faccio un po' di manfrina e gli dico (sottovoce, ma il microfono qualcosa capta) "ma allora hanno ragione i cinesi, sei un violento....". E lui che fa? SI gira verso di me, contrito, mi riprende la mano, l'accarezza e comincia a baciarla! E conclude, con il suo solito, geniale sarcasmo: "Dove sono i giornalisti cinesi? Mi raccomando, non perdetevi questa scena....il diavolo che chiede scusa, ha ha ha"

E giù con la sua tipica risata, spiazzante quanto sincera.



Non è finita qui. Dopo il programma ufficiale, l'ho seguito in una visita al tempio di Zenkoji, uno dei più antichi e importanti del Giappone. Uno dei più "aperti", dove il settarismo è bandito e dove i monaci sono noti (e spesso criticati) per il loro stile di vita. Alquanto "liberale". Possono infatti mangiare di tutto, bere, avere relazioni sessuali. Durante il pranzo, in occasione del quale il Dalai Lama mi ha voluto ancora accanto a sè, i monaci locali gli hanno chiesto di tutto (spesso attraverso me, scambiandomi per un interprete....) da "le piace il pesce crudo?", a "ma lei fuma"? Tutte domande alle quali il Dalai Lama, per evitare rispostacce, ha ragito con risatine (e talvolta veri e propri ghigni). Ad un certo punto, da bravi giapponesi (è nel DNA nazionale, monaci compresi), i bonzi hanno chiesto se potevano fare delle foto. Tenete presente che in Giappone fotografare persone - ed in particolare i VIP - mentre mangiano è estremanente maleducato ed in genere nessuno lo fa. E infatti i bonzi aspettavano educatamente che il Dalai Lama posasse le bacchette.
Macchè. "Volete fotografare? Ma certo. Però aspettate, con il boccone in bocca è meglio, no? Così poi fate circolare queste foto e vi fate tante risate...". Poi si gira verso di me e mi coinvolge. "Ecco, fatecela assieme. Un tibetano e un italiano che usano le vostre bacchette per mangiare la pasta.....Ma quella italiana è più buona"




Alla fine, la mazzata. "Ma è vero - chiede retoricamente, e apparentemente preoccupato - che da voi si può fare rumore con la bocca, mangiando la pasta?". Gli indigeni colgono il messaggio e, uno dopo l'altro, fanno sparire le macchinette fotografiche sotto le tuniche. E, uno alla volta, cominciano a salutare. Guardandomi un po' di traverso, come sospettassero fossi stato io a suggerire la domanda.





Anche Sua Santità si ritira. Non senza lasciare il segno...."Beh, io sono stanco. Vi lascio in ostaggio mio fratello...lui è...dei vostri...ma mi raccomando...non fate le ore piccole".






Suo fratello? Già, Tentsin Choegyal, alias Ngari Rinpoche (nelle foto, oggi e all'età di 2 anni). Dieci anni meno del Dalai Lama, "pecora nera" della famiglia. Scappato dal tempio dove avrebbe dovuto risiedere dopo essere stato riconosciuto come reincarnazione di un importante lama, poi da ben due collegi (uno dei quali cattolico) in India, arruolatosi nell'esercito indiano (per pochi mesi) e poi ritiratosi a vita privata non senza creare qualche imbarazzo visto che beve, fuma e non disdegna il linguaggio colorito. Abbiamo fatto le 4 di notte. L'intervista, che ha toccato ogni possibile argomento, è iniziata alle 4 di pomeriggio, nel suo albergo, ed è finita alle 4 di mattina, in una bettola vicino alla stazione di Yokohama, dove eravamo finiti seguendo un gruppo di tifosi giapponesi, felici per la vittoria della loro squadra. Inutile dire che dell'intervista non ricordo, ahimè, granchè.
Se in qualche modo riesco a ricostruirla, ci scappa un bel servizio.