sabato 12 maggio 2007

Il governo giapponese suggerisce l'allattamento al seno e ninna nanna

l'eroico collega dell'Ansa, Zanatta, mi segnala questa notizia:

Panel to urge parents to breast-feed, sing lullabies
TOKYO, May 9 KYODO
A government advisory panel on education reform will intrude into the private roles of parents by urging them to breast-feed and even to sing lullabies while looking into babies' eyes, its draft proposal showed Wednesday.
The panel, headed by Nobel Prize laureate chemist Ryoji Noyori, will also propose that parents turn off the TV during family meals or breast-feeding, while warning that the Internet and mobile phones will enable children ''to directly connect to evils around the world.''
Criticism has arisen that the panel has stepped into the sphere of private life, but a panel member said, ''We should start with reaffirming common practices in order to rehabilitate education in this country.''
In January, the panel submitted a controversial report to Prime Minister Shinzo Abe featuring proposals to lengthen classroom hours and allow teachers to resort to now-banned corporal punishment.

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giovedì 10 maggio 2007

speciale mafia a mandorla/irezumi





Nello speciale "mafia a mandorla", che sto preparando per Sky, ne vedrete delle belle. Per esempio, una seduta di irezumi - il tatuaggio organico tradizionale a mano - del "maestro" horishi 3 (alias Nakano), che da tre generazioni tatua chimpira, oyabun e, da un po' di tempo in qua, anche qualche straniero.
Lo speciale è dedicato al "nuovo ordine sociale", al nuovo assetto che la yakuza - forte di oltre 100 mila uomini regolarmente "registrati" si è data in Giappone, a seguito della cosiddetta "internazionalizzazione". Anzichè osteggiarla, o accettarla con il contagocce, come fa il governo, l'ha abbracciata. A cominciare dall'integrazione "gialla" (per ora). A differenza dei rispettivi governi - che almeno a parole se le danno di santa ragione - le cosche nippo-sino-coreane hanno da tempo raggiunto un accordo per gestire e controllare l'intera "regione". Nello speciale conoscerete un cinese che arrivato qui una ventina di anni fa ha messo su un impero (ristoranti, fuzoku, casinò illegali etc etc), e controlla di fatto il quartiere di kabukicho, a shinjuku, dando ordini alla yakuza, divertendosi ad insultare i poliziotti davanti alla videocamera e a confessare di attendere con trepidazione il prossimo ottobre, data in cui diventarà il primo possessore cinese in Giappone di una fiammante Ferrari, già targata "preventivamente" (in Giappone si può fare, lo sapevate?): shinagawa 66-66. Una numerazione simbolica, che riunisce elementi della cabala cinese e della tradizione yakuza. Per non parlare di "don" Suzuki, un ex boss di Osaka con entrambe le dite mozzate ed il corpo perfettamente tatuato, che da lupo si è fatto pastore...d'anime. E' scappato con la "cassa" di una società di "sarakin" (usurai) e ha fondato, in quel di Chiba, la Chiesa di barabba. Per non parlare di Tanaka-san, "delegato per il Kanto" della premiata ditta Yamaguchi (la più potente del Giappone, che davanti alla camera "confessa" la sua maggiore colpa (aver ammazzato un po' di gente) ed il suo vanto (Aver servito senza pecca - e mostra tutte le dita integre - per 35 anni il suo boss. Cui è appena succeduto). Da non perdere, ve l'assicuro. Soprattutto se volete sapere come mai il Giappone è ancora esente - anche se la situazione sta un po' peggiorando - dalla microcriminalità, nonostante la (non solo) apparente inefficienza della polizia. Grazie alla yakuza. "E' nostro interesse mantenere l'ordine: altrimenti la gente non frequenta i quartieri del piacere, e noi non incasseremmo le nosttre percentuali". Sentirete anche un aggiornamento su tassi a strozzo (gli unici davvero ottenibili da chiunque in qualsiasi momento) sul particolarissimo mercato della droga, su come procurarsi un'arma (la Beretta è ancora al top, come la Ferrari), su quanto costi "affittare" un picchiatore, un buttafuori a ore o un killer, (i meno cari, ma eficacissimi, sono i cinesi, gli indigeni "si creano troppi problemi") e quali siano le tecniche più aggiornate per sbarazzarsi di un cadavere. Altro che incaprettamenti o tuffo nel cemento....oggi si usa il sistema del..."maguro no fune"....Oltre a sbarazzarsi della vittima designata..si incassa l'assicurazione. Alla prossima!

martedì 8 maggio 2007

Un paese normale 1/Unatsuki Onsen







Chi l'avrebbe detto che in queste terme sperdute nella valle di Kurobe, ai piedi del Tateyama, raggiungibili SOLO da questo trenino-giocattolo chiamato "torokko", si annidi il germe della trasgressione? Che l'avanguardia operaia destinata a trasformare l'Impero Liberaldemocratico in un Paese Normale ha le sue cellule anche tra i dipendenti della premiata ferrovia Kurobe Kyokoku? Desiderosi di uscire dalla morsa del tour organizzato, che in Giappone rappresenta, dopo il culto di Sua Maestà, uno dei più micidiali "nibe" (collante) omogenizzanti, e tentare di scoprire la natura (quasi) incontaminata della zona A PIEDI (come sapete in Giappone andare a piedi è quasi un reato*), siamo scesi con la scusa di far pipì dal trenino, promettendo agli addetti che avremmo preso il prossimo...Il piano criminoso era invece quello di infrattarci tra i boschi, e raggiungere il "rotenburo" (le mitiche pozze di acqua bollente che compensano milioni di giapponesi di secoli di angherie) di Kuronagi seguendo l'istinto e le tracce degli animali (lepri e scimmioni, ne abbiamo incontrati parecchi) anzichè come turisti al guinzaglio. Appena ripartito il trenino, ci imbattiamo in un ferroviere. Stiamo per fuggire, ma l'aspetto è di uno giusto (camicia aperta, andatura un po' sciatta, sigaretta in bocca). Ci guarda con evidente simpatia, non come fossimo alieni da combattimento, e ne approfittiamo per chiedergli informazioni sulla zona. Un fiume in piena. "Si può raggiungere a piedi, il rotenburo?". "Certo, in linea d'aria sono 500 metri..se passate dal tunnel della ferrovia ci mettete meno di un quarto 'ora...". Dal tunnel? Ma è vietatissimo, ci sono cartelli dappertutto...In Giappone c'è la pena di morte, mica voglio finire impiccato per farmi un bagnetto..."Ma va la! ("ii 'n ja nai ka")...fottetevene. Noi ci passiamo tranquillamente, basta stare attenti ai treni, passano ogni venti minuti. Adesso ne sta per passare uno, voi partite subito dopo e siete tranquilli...magari quando sbucate dall'altra parte vi faranno una ramanzina...ma da stranieri immagino ci siate abituati". Roba da proporlo al Minshuto, per candidarlo alle prossime elezioni. Abbiamo nome cognome e foto, ma non li pubblichiamo, dovessero andarlo a rapire e trasferirlo in una miniera della famiglia Aso (attuale ministro degli esteri), quella che durante la guerra si è arricchita riducendo in schiavitù i prigionieri di guerra cinesi e coreani.
Come è finita? Quando siamo sbucati dal tunnel, l'addetto alla stazione ha brillantemente evitato il "mendokusai" (fastidio) rintanandosi in ufficio, facendo finta di non vederci e consentendoci il transito verso la foresta senza problemi. Ma al ritorno, mentre eravamo in attesa del trenino, evidentemente assalito da ancestrali sensi di colpa, ha raccolto tutte le sue forze e convinto che comunque non avremmo capito nulla si è cortesemente inchinato, ci ha contestato il crimine, e ci ha chiesto di fare adeguato e convinto "shazai" (chiedere scusa formalmente) al capostazione, al nostro arrivo al capolinea. Con suo profondo stupore, ci siamo inchinati, promettendo di ottemperare. Mi ero preparato una lunga, forbita e civilissima tiritera sul tipo: "Ammetto di aver violato le regole, ma come immagino Lei saprà, onorevole capostazione, è dovere di un cittadino, diceva Alexis de Tocqueville, che sicuramente è tra le sue letture preferite, saper distinguere tra regole che vanno rispettate e regole che vanno contestate. La differenza tra cittadini e pecoroni è tutta qui. Quindi le chiedo certamente scusa per il disturbo e l'apprensione provocata a Lei e ai suoi dipendenti (il famoso "meiwaku") ma rivendico il diritto di violare regole insulse e arbitrarie, nel mio paese, nel Suo e ovunque ve ne ravveda l'urgenza e la necessità. Mi permetta dunque di cogliere questa fortunata occasione per suggerire che a scusarsi, e non solo nei miei confronti ma per il "meiwaku" imposto a tutti i vostri cittadini, sia la Vostra società, responsabile di aver ferito e affettato senza ritegno una valle meravigliosa, riducendo quello che un tempo era il cammino degli dèi ad un parco giochi di infima qualità. Yoroshiku onegai itashimasu". E giù inchino d'ordinanza.
Me l'ero preparato proprio perbenino, ripetendolo più di una volta. Ma all'arrivo, in piena Golden Week, del capostazione nessuna traccia. E andarlo a cercare mi sembrava una provocazione inutile. Forse gli scriverò. Intanto lascio volentieri il testimone a chi vorrà seguire le mie tracce e andare, a piedi, alla scoperta di questa valle meravigliosa e...in via di "liberazione".

*TRADIZIONALMENTE a piedi ci vanno i poveracci, i fuggitivi, i lestofanti e i "sanka", sorta di zingari locali alla cui etnia pare appartenga anche quel simpaticone dell'ex premier Koizumi. A proposito, che fine ha fatto?
Per chi fosse interessato a questo tipo di esperienza, consiglio vivamente la lettura dello stupendo racconto di Alan Booth, THE ROAD TO SATA. Preciso, dettagliato, esilarante.

lunedì 7 maggio 2007

119 morti durante la Golden Week

119 morti sulla strada in Giappone durante la Golden Week. Ma come è possibile? Le autostrade sono pressochè deserte e la maggior parte dei conducenti rsipetta i limiti. Sulle strade nazionali, regionali e comunali si va a passo d'uomo. 119 morti?
Mah.

Te lo do io lo Yeti - Il collega Zanatta nei guai

Il collega Zanatta (per davvero) mi ha pregato di "postare" questo flash autoreferenziale: pare che l'avventura in cui l'ho cacciato si stia rivelando fatale per il suo matrimonio. Non ho parole. Spero che la paziente Barbara lo perdoni e lo sopporti ancora un po'...tanto la pensione è vicina.

IL FALSO YETI CHE COSTO' UN VERO MATRIMONIO
(dal corrispondente dell'ANSA Pier Luigi Zanatta)

TOKYO, 7 MAG - Giappone fatale per un giornalista italiano che 24 anni fa vi decise un drammatico matrimonio e ora vi rischia un altrettanto drammatico divorzio.
Secondo fonti informate, in ambo i casi il malcapitato, pur nutrendo un certo interesse antropologico e pittorico per il Sol Levante, vi si e' ritrovato per motivi totalmente estranei ai suoi progetti esistenziali.
E in ambo i casi la sciagura si e' abbattuta su di lui per avere ceduto alle lusinghe di una facile avventura: se nella prima fini' riarso fra i miraggi delle calure siciliane, nella seconda ha rischiato un brutto congelamento degli arti e della vita famigliare.
Si apprende infatti da Roma che l'attuale consorte, venuta a conoscenza dell'incauta spedizione sul Tateyama, ha ripetutamente minacciato il giornalista di denuncia giudiziaria per avere condotto con se' la figlia minorenne nonostante la mancanza di adeguate attrezzature escursionistiche.
"E' tutta colpa dello Yeti!" ha tentato di giustificarsi il giornalista, ma non sembra che la moglie gli abbia creduto.
"Perche' inseguire lo Yeti portandosi dietro solo una canna da pesca e un'inerme creatura?" ha incalzato la consorte. "E' una storia che non ha senso se non in un' abominevole ambizione cronachistica", ha aggiunto la signora, minacciando di chiedere al piu' presto la riconsegna della figlia.
Si attendono ora i risultati di un'inchiesta delle autorita' nipponiche: nelle speranze del giornalista dovrebbero avvalorare le testimonianze di alcuni sherpa locali che lo hanno visto annaspare su un pendio innevato dietro a un grosso essere peloso che si inerpicava con agilita' inconsueta per la sua corporatura.
Si e' nel frattempo appreso che il giornalista ha deciso di abbandonare definitivamente la pesca per il tiro con l'arco, piu' consono allo spirito dei luoghi e a qualsiasi altra avventura con lo Yeti.

Lo yeti a mandorla








Chi ha detto che i giornalisti, specie i corrispondenti, fanno la bella vita? L'eroico collega dell'Ansa, Pierluigi Zanatta, ha interrotto una tranquilla vacanza di pesca tra i laghetti artificiali di Nagano (non che ramazzi granchè, ma pare che il gesto plastico del lancio lo rilassi molto) per inseguire una notizia che il compagno Carrer, corrispondente del Sole 24 ore e di Radio Onda Rossa aveva invece considerato una bufala. Il ritrovamento di alcune tracce di yeti a mandorla sul monte Tateyama, seconda cima del Giappone, al centro delle Alpi giapponesi.

Fedele alla consegna: se non vedo non scrivo, Zanatta ha voluto controllare di persona ed in piena Golden Week si è inerpicato sul Tateyama, spacciandosi da turista locale e sottoponendosi a tutte le angherie logistiche inventate dalla Giappone spa per spillar quattrini e rendere "mendokusai" (fastidiosa) una gita in montagna che potrebbe essere memorabile, tra pozze sulfuree, ghiacciai perpetui e filetti di "tatemasu", la trota salmonata tipica di questo luogo che cresce congelata e che i giapponesi pescano direttamente a filetti da riscaldare sull'onsen.

Per non dare nell'occhio Zanatta, oltre alle immancabili canne (da pesca, ahimè) si è persino portato appresso la figlia, come copertura. Immaginiamo la sua delusione - vissuta con l'aplomb che lo contraddistingue, gettando una ventina di turisti giù dal burrone - nel vedere che gli indigeni fotografavano forsennatamente lui. Ovviamente la storia dello yeti era in una bufala inventata dal sottoscritto per obbligarlo a sgranchirsi un po' le gambe. Felice di esserci riuscito. Rigenerato (e incazzato) com'è, il bollettino Ansa da Tokyo questa settimana farà faville. Sumimasen deshita.

Nelle foto:
1) l'arrivo notturno in apnea dell'eroico Zanatta
2) la baracca dove il nostro eroe ha passato la notte, avvolto in una coperta di licheni e sognando branchi di trote salmonate
3) il rientro dalla sfortunata spedizione alla scoperta dello yeti a mandorla: nessuna traccia
5) l'accampamento dei pescatori di "tatemasu", una specie di trota salmonata tipica del luogo, si pesca direttamente congelata
4) il corrispondente dell'Ansa intervistato da SKY Tg24: "il mio motto? Mai lasciare il minimo spazio al dubbio..."

domenica 6 maggio 2007

Linea Più si aggiudica esclusiva per vestire la Famiglia Imperiale

Qualcuno si era chiesto dove fosse sparito lo Scardigli, instancabile perlustratore di mercati gialli per conto della premiata ditta Linea Più. Da alcuni giorni non rispondeva al telefono. Depressione? Fuitina primaverile? Macchè. Lavorava ai fianchi dell'Impero. E l'ha spuntata, sbaragliando oltre un centinaio di concorrenti locali, riunite nel solito "dango" (appalto aum aum, o "a la japonaise"), come quelli offerti dal governo italiano alla solita Kajima, la società cui la nostra Ambasciata è solita affidare ogni necessità immobiliare, dal rifacimento della cancelleria al nuovo Istituto di Cultura, dai dormitori del personale all'allestimento delle scaffalature per mostre ed esposizioni varie.
La notizia non è ancora ufficiale e probabilmente l'interessato la smentirà - senza passare alla querela, ci auguriamo - ma secondo radio Kokyo-Nai, l'emittente pirata scoperta dall'Ansa (sennò il prode Zanatta da chi le apprende certe notizie?) che trasmette su frequenze e locali variabili dall'interno del Palazzo Imperiale e che si dice sia diretta da Sua Maestà in persona (notoriamente l'unica persona di sinistra antagonista del paese, spero tutti ricordino il suo coraggioso altolà, l'anno scorso, alla fissa di Ishihara di rendere obbligatorio il canto dell'inno nazionale e l'alzabandiera nelle scuole: peccato che come sapete nè lui nè la sua famiglia possano votare, davvero un sacrilegio che meriterebbe la mobilitazione di Human Rights Watch) lo Scardigli si è assicurato l'esclusiva quinquennale per vestire l'intera Famiglia Imperiale, compresi gli acquisiti e i nascituri fino al 2012, anno in cui, secondo quanto avrebbe rivelato la principessa Masako al giornalista australiano Ben Hills, autore della biografia non autorizzata che ha fatto saltare su tutte le furie governo e funzionari della Casa Imperiale, ma pare sia stata particolarmente apprezzata dalla principessa stessa, l'intera famiglia imperiale avrebbe deciso di abdicare al trono e trasferirsi in Calabria. Lo Scardigli, che si era offerto di trovare una adeguata sistemazione in Maremma, accanto ai cugini etruschi, stavolta è stato anticipato da Elio Il Sung, titolare dell'elegante Locanda di Kojimachi, che dopo aver finalmente ottenuto il primo catering dal Palazzo Imperiale grazie alle intercessioni dell'Ambasciata, ha opzionato l'intera piana di Bivongi, in provincia di Reggio Calabria, dove pare siano stati rinvenuti di recente dei Vasi Apuli che proverebbero scambi tra le popolazioni silane e quelle della provincia di Gunma risalenti al periodo neolitico.

Achtung sucidi/2

ACTHUNG SUICIDI/2

Il suicidio in Giappone è una tradizione antica e dai molteplici, affatto scontati risvolti ed implicazioni: per chi volesse approfondire l’argomento uscendo (e superando) il concetto nazionalpopolare e un po’ romantico di seppuku o harakiri che dir si voglia, suggerisco l’insuperato saggio di Maurice Pinguet, La mort volontaire au Japon, di cui non so se esista una versione inglese. Io ce l’ho in francese. Un libro che fa molto riflettere, anche per la sua capacità di affrontare l’argomento da una prospettiva rigorosamente laica, cosa molto difficile per un occidentale.
Ciò che colpisce oggi in Giappone, è lo storico avvicendamento generazionale, il “ricambio” di classe. Oggi a suicidarsi non sono più i nobili sconfitti, i politici che sbagliano, gli artisti e gli intellettuali. E nemmeno i vecchi, il cui suicidio, in passato, in realtà era tutt’altro che volontario (come si evince dal meraviglioso Narayama Bushiko, il film di Shoei Imamura vincitore della Palma d’Oro 1983 a Cannes, tratto dall’ancor più affascinante omonimo romanzo dello “scrittore maledetto”, e ahimè dimenticato, Shichiro Fukazawa*) bensì imposto dalla comunità, che non poteva più occuparsi di loro. Oggi che le condizioni di vita – soprattutto nelle campagne – sono migliorate, i vecchi non sono più costretti a farsi da parte e usano la loro saggezza per tenersi stretti la vita.
A suicidarsi oggi – oltre ai minorenni – sono i poveracci. I 40/50enni espulsi dal mercato del lavoro fisso che non potranno mai rientrarvi alle stesse condizioni. E allora come far fronte al mutuo, alle oltraggiose rette scolastiche, alle varie attività del tempo libero cui la famiglia si è abituata? Non resta che farla finita, grazie ad un perverso sistema – che per fortuna pare in via di revisione – in base al quale le assicurazioni pagano anche in caso di suicidio. Unico paese al mondo, che io sappia. Non essendovi alcun ostacolo di tipo religioso, il suicidio in Giappone ha un altissimo valore etico e sociale. Purtroppo, è una soluzione. Che consente alla faamiglia di sopravvivere decentemente. C'è un bel libro di Masahiko Shimada, a suo tempo tradotto in italiano per Einaudi ma che non è mai uscito, che si intitola Jiyuu Shikei, "Libertà di esecuzione". "La nostra società- mi spiegava in una vecchia intervista Shimada - prevede due forme di pena capitale: l'impiccagione, per i delinquenti e il suicidio per gli sfigati". Ho il testo della traduzione italiana, per chi lo volesse leggere.


*Shichiro Fukasawa, che ho avuto il privilegio di conoscere ed intervistare nel lontano 1985, poco prima che morisse in assoluta povertà e dimenticato da tutti, era un personaggio fuori dal comune. Scrittore, poeta, iconoclasta, burlone e menestrello. Autore della prima (e ultima) sferzante satira anti-imperiale pubblicata nel Giappone del dopoguerra. Uscì nel 1960, quando c’era ancora qualche editore coraggioso in giro. Si intitolava Furyu Mutan, “Sogno elegante”, e raccontava, con dovizia di particolari decisamente irriverenti, la decapitazione delle Loro Maestà Imperiali a seguito di un’improbabile insurrezione popolare. I difensori del sacro impero del crisantemo ovviamente reagirono da par loro: la casa dell’editore della rivista (Chuokoron, oggi divenuta una casa editrice ultraconservatrice) venne circondata peer due giorni e infine incendiata, la moglie restò uccisa nell’incendio assieme alla domestica ed il marito, tale Shimanaka, costretto alle dimissioni dopo le pubbliche scuse. Il folletto Fukazawa – era alto poco più di un metro e mezzo – decise di sparire e cominciò a girovagare per il Giappone mantenendosi come cantastorie, in giro per le osterie e i bordelli. Fino a quando si fermò in una fattoria di Saitama, alla periferia di Tokyo, assieme ad una ex prostituta che si era invaghita disperatamente di lui. “La fattoria dei sogni” l’avevano chiamata, ed è lì che lo intervistai, tra galline starnazzanti, fiumi di sakè e un duello all’ultimo stornello con la chitarra: lui cantava gli enka della più sporcacciona tradizione locale (chi ha detto che non c’è…) io le varie osterie… uno degli incontri più belli della mia vita in Giappone, peccato non aver avuto, all’epoca, una telecamera! Chi ne volesse sapere di più può digitare Shichiro Fukasawa: scoprirà che non tutto è mai stato sempre uguale qui, e che l’amnesia sociale non è congenita, ma provocata.

Achtung sucidi/1

3 Maggio

ACHTUNG SUICIDI/1

Ci avete mai fatto caso? Le finestre degli alberghi, dal Park Hyatt ai love hotel sono sigillate. E così pure quelle delle abitazioni private: in genere quelle ai piani superiori puoi aprirle solo in parte: per cambiare l’aria. Ci passa il gatto, ma un corpo umano no. Per non parlare delle stazioni. Preoccupate (e seriamente danneggiate) dall’alto numero dei suicidi, le autorità, oltre ad avere iniziato a chiedere i danni ai parenti superstiti (cosa molto poco “giapponese”: tradizionalmente il suicidio elimina ogni pendenza, sia morale che finanziaria) stanno progressivamente trasformando le stazioni in giardini per l’infanzia a prova di graffio. Dopo aver raggiunto, tanto di cappello, il top mondiale per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche (ce le sogniamo noi, in Italia, certe strutture e attenzione per i disabili) le autorità pare si stiano lanciando in quelle anti-suicidio. Finestrini dei treni bloccati, intercapedini antituffo tra i binari, timide campagne "pubblicità progresso" che cominciano a fare la loro apparizione nei luoghi tradizionali dove la gente si va a suicidare, come la foresta Aokigahara alle pendici del Fuji. Epperò..
Epperò il numero dei suicidi in Giappone continua ad aumentare. Quest’anno il libro bianco della polizia è in ritardo (che stiano ancora valutando se inserire i dati sui suicidi dei gaijin: se un cinese si suicida in Giappone che figura ci facciamo?) ma stando alle indiscrezioni pare che abbiano superato ancora una volta quelli dell’anno scorso, oltre 32 mila, mantenendo dunque il tragico ritmo di uno ogni 15 minuti. Senza parlare degli oltre 20 mila johatsusha (“evaporati”), quelli che la mattina escono per andare in ufficio e non tornano mai più. Fortuna che il governo Koizumi, appena installato, aveva assunto l’impegno di ridurre il numero dei suicidi a 22 mila, entro il 2005. Il governo Abe, tra mille faccende (s)sfaccendato, pare abbia finalmente deciso di metter su una commissione speciale presieduta dal suo (ancora per poco: il tam tam di Nagatacho lo dà per silurato al rimpasto di luglio) capo di gabinetto Yasuhisa Shiozaki: obiettivo dichiarato, ridurre l’imbarazzante tasso dall’attuale 24.2 per 100 mila al 19.4%. Il Giappone è al terzo posto assoluto per numero di suicidi, ma al primo tra i paesi del G8. Meno chiaro è come intendono ridurre il tasso: nel documento governativo si parla di “consultori familiari” e “disincentivazione della pratica degli straordinari”. Auguri.

Patente express e confessioni di un cagnolino...

Quando ce vo' ce vo'. Ho smarrito la patente giapponese, e già avevo messo in preventivo un lungo viaggio tra le maglie della burocrazia locale, che quando ci si mette può essere più letale della nostra. E invece no. In meno di un'ora ho avuto la copia. E senza tirar giù tutti i penati del Fuji. Previa telefonata a Samezu, l'equivalente della nostra motorizzazione (solo che è gestita dalla polizia, come la maggior parte dei pachinko...lo sapevate?), mi sono presentato allo sportello no.3 (quello per le copie) munito di due foto 3x4, come mi era stato detto al telefono (se non le hai, te le fanno on the spot, per 1.300 yen). Allo sportello - dove non c'è un impiegato civile ma un poliziotto, il mio sembrava zompato fuori da un film di Gen Takahashi* - accennano ad una ramanzina (un po' rozza con i giapponesi, con me non ci hanno neanche provato), poi ti fanno compilare un foglietto dove devi indicare le tue generalità e le circostanze del furto/smarrimento. Sulla fiducia, niente denunce alla polizia (ce l'hai davanti!), niente autentiche di firme (in Giappone non si usa, come sapete) e menate varie. Se non sai scrivere in giapponese ti aiutano, anzi ho addirittura notato un gaijin che scriveva in inglese, e gliel'hanno accettato. Consegni foglietto, foto e gaijin torokusho (o passaporto) ed in cambio di danno uno scontrino. Sul quale c'è scritto l'orario in cui riceverai, al piano superiore, la nuova patente. Inutile dire che spaccano il minuto. In tutto sono stato a Samezu meno di un'ora, e mi hanno perfino fatto ricaricare il telefonino. Quando ce vo' ce vo'. Viva l'Impero.



*Gen Takahashi è un grande. E' ancora abbastanza sconosciuto (soprattutto in Giappone....come è avvenuto a suo tempo per Tsukamoto, Miike e perfino Kurosawa e Oshima) ma fa ottimi film "impegnati". Alla Bellocchio de "I pugni in tasca", per intenderci. L'ultimo l'ha presentato al Far east film festival di Udine, l'anno scorso, ed è piaciuto molto a Marco Muller, il "guru" italico del cinema asiatico, padre padrone (ancora per quest'anno, poi pare si ritiri in quel di Macao) della rassegna cinematografica di Venezia. A settembre uscirà, finalmente. Ve lo consiglio vivamente. Si chiama "Pochi no kokuhaku", "Confessioni di un cagnolino", dove cagnolino sta per poliziotto. Uno spaccato illuminante della società giapponese e dell'intreccio yakuza/polizia/massmedia, che con la scusa di "proteggere" il cittadino, lo fanno fesso dalla culla all'urna. Chi fosse davvero interessato può contattarmi, ne ho ancora qualche copia sottotitolata (in inglese). Perchè lo spingo? Perchè un paio di scene le ha girate al Press Club di Yurakucho, definendo la nostra associazione l'unico tempio della libertà di stampa in Giappone!