giovedì 8 luglio 2010
"Resistenza istituzionale": quando un sindaco cita il governo, per danni
L’accordo con gli Stati Uniti, che pare eterno e blindato, ha già prodotto effetti funesti per il partito democratico, costretto ad abbandonare le vecchie posizioni anti-basi e rischire di pagare un alto prezzo in termini elettorali. In occasione delle imminenti elezioni per il rinnovo parziale della Camera Alta, il prtito democratico, non riesce nemmeno a piazzare un candidato nei quattro collegi uninominali, e al proporzionale è costretto ad appoggiare – senza grande entusiasmo – il senatore uscente Shoukichi Kina, popolarissimo cantautore, coordinatore del partito locale, che ha “rotto” con il partito e sta percorrendo in questi giorni l’isola a bordo di un pullmino con la scritta: “Checchè si decida a Tokyo, qui la nuova base non si farà”. Quando il premier Kan, suo amico personale da anni, è andato a Okinawa, lo scorso 23 giugno, ha preferito non incontrarlo. E pensare che, quindici anni fa, era Kan a pregare Kina di seguirlo durante la campagna elettorale in tutto il Giappone, vista la sua popolarità e l’impatto delle sue canzoni di protesta.
Nel frattempo, la vicenda di Okinawa e della nuova, "costruenda" base di Henoko, si complica ulteriormente. Nonostante l'accordo tra i due governi, resta il fatto che l'ultima parola resta al governatore dell'isola (che gode di uno statuto autonomo) e, in fine dei conti, della popolazione, visto che anche Kan ha ribadito, nei giorni scorsi, che non intende ricorrere alla forza per smantellare i piccoli,, ma capillari e strategici, "presidi permanenti" che da anni hanno di fatto bloccato l'inizio dei lavori.
Anche sul piano istituzionale ci sono novità. Il popolare e l combattivo Yoichi Ina, sindaco di Ginowan, la città il cui centro è occupato (letteralmente) dalla gigantesca base militare di Futenma (caso unico al mondo: la pista di atterraggio sorge in pieno centro, e ha provocato il più alto tasso di sordità nel paese, nella popolazione), ha deciso di far causa al governo centrale. In attesa di annunciare la sua probabile candidatura a governatore, il sindaco ha confermato di voler citare il governo per i danni causati, nel corso degli anni, alla popolazione. “La base si è rivelata pericolosa e dannosa per la cittadinanza, e ciò, oltre a rilevanza politica, comporta una responsabilità civile e penale”.
Per una volta, ci sarebbe da copiare dai giapponesi.
lunedì 5 luglio 2010
THE COVE: per chi suona la campana?
In questo caso, per nessuno. E invece dovrebbe suonare un po' per tutti.
Ma voi, uomini d'oggi, da quale follia e da quale assillo siete spronati ad aver sete di sangue, voi che disponete del necessario con tale sovrabbondanza? (Plutarco)
Il casino scoppiato sabato 3 luglio a Tokyo (e un po' anche a Yokohama) dove due piccoli cinema d'essai sono finalmente riusciti a proiettare, nonostante gli schiamazzi della "destra a ore" precettata via web, THE COVE, il docufilm USA che ha vinto l'oscar e che racconta la mattanza dei delfini che ogni anno una piccola corporazione di pescatori arroganti e paraculi compie - in gran segreto (se ne sa oramai più all'estero che in Giappone!) e ottimi guadagni - in quel di Taiji (prefettura di Wakayama) offre numerosi spunti di riflessione. Tutti, ahimè, abbastanza tristi.
THE COVE
(potete vedere qui il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=OYKNCN1ESZM
questo è invece quello giapponese, molto "edulcorato"
http://www.youtube.com/watch?v=zwjq_vvTk1w&feature=related
fino al 18 luglio, a Tokyo, potete vedere il film presso il cinema IMAGE FORUM, a Shibuya, tel.03-5766-0114
tre spettacoli: ore 13, 15 e 17
IL FILM
Andiamo con ordine. Primo, il docufilm, costato 5 milioni di dollari sborsati dal "grande fratello", il boss di You Tube, non è un capolavoro cinematografico e non meritava certo l'Oscar. Altri giornalisti e cineoperatori (compreso il sottoscritto...) hanno documentato in passato, e forse con maggiore obiettività, la strage dei delfini (che per i giapponesi, detto per inciso, non sono amorevoli creature giocose e intelligenti quanto fastidiosi e voraci "maiali di mare", come indicano chiaramente i due caratteri 海豚 di IKURA, termine locale per "delfino") perpretrata a Taiji. Nulla di tanto più osceno dei riti tribali compiuti alle isole Faroe della democraticissima e ambientalista Danimarca (http://www.thepetitionsite.com/1/end-whale-dolphin-slaughter-in-the-faroe-islands) o nelle gettonatissime (un tempo) "mattanze" nostrane. Guardate questo video, e ditemi in cosa differisce con la strage di Taiji!. HA proprio ragione Masayuki Komatsu, ex capo negoziatore de governo giapponese per la caccia alle balene:
"sostenere che ammazzare i tonni è giusto perche sono stupidi, e i delfini no perchè sono intelligenti è inaccettabile: siamo al nazismo ittico"
http://laverabestia.org/play.php?vid=2175
Il successo del film THE COVE nasce da una colossale operazione di marketing (questo sì, un capolavoro), che ha visto opporsi, nel corso di vari anni, da un lato i professionisti di Hollywood, Sea Shepard e l'allenatore "pentito" di Flipper, Rick O'Barry, divenuto una sorta di "ecoterrorista", dall'altro un gruppo di "buzzurri" locali (ci si passi il termine) che invece di spiegare, trattare (come altre comunità hanno fatto, e con successo, per esempio nella vicina penisola di Izu) la riconversione della mattanza in "dolphin watching" e magari assumere un addetto stampa hanno fatto testardamente quadrato per difendere il loro lucroso business (perchè SOLO di questo si tratta, un delfino vivo vale 300 mila euro, mentre la carne finisce in cibo per gatti, altro che "tradizioni gastroulturali"!) e alla fine, vista la mala parata internazionale e locale hanno finito per diventare ostaggio della destra a gettone.
Ovvio che la battaglia fosse impari. Gli americani hanno giocato un po', poi si sono stufati e hanno usato la "bomba", per fortuna solo virtuale. Guardate il film, gli "ordigni" utilizzati per le riprese e le sofisticate tecniche di montaggio e capirete perchè, alla fine, i "poveri" pescatori di Taiji, più ignoranti e testardi che farabutti, alla fine fanno la fine dei massacratori del secolo. L'imbecillità della destra "a gettone", e di chi la gestisce, sta proprio qui: se il film venisse proiettato in tutte le sale del Giappone, probabilmente si avrebbero reazioni diverse, e positive. Da un lato, i giapponesi verrebbero a conoscenza di una "tradizione" (si fa per dire) che ignorano e contro la quale probabilmente si ribellerebbero (e con maggiori chances di sopprimerla, a nessuno piace ricevere "ordini" da qualsivoglia "gendarme" del mondo), dall'altro il film verrebbe (giustamente) criticato per la sua faziosità e per il commento (che i sottotitoli giapponesi in qualche modo attenua) decisamente ostile e, diciamolo pure, un po' razzista. Ma provate a vederlo, e giudicate voi stessi.
"PATRIOTI", A ORE: la destra in affitto
I protagonisti degli schiamazzi, difficile trovare un altro termine, meritano un discorso a parte. Si chiamano "uyoku", termine traducibile con "destrorsi". A Tokyo sono migliaia, sotto centinaia di sigle, e sono in vendita. Anzi, in affitto. Una sorta di destra interinale (e non escludo che ci potrebbe essere una versione di sinistra, se solo ci fosse un "mercato").
Gli "uyoku" prestano servizio a ore, e un tempo erano molto ricercati. Un famoso politico, li usava per "sfiancare" la concorrenza. Ne mandava un centinaio a far casino sotto casa del "nemico" e, questione di giorni o spesso ore, il poveraccio si dimetteva o dava di matto ed era costretto comunque a dimettersi. Ora che la politica è in crisi, e d il business pure (altro servizio "storico" prestato era quello di presentarsi alle assemblee dei soci e intimorire chiumque alzasse la mano per chiedere chiarimenti o verifiche) gli "uyoku" si sono messi sul mercato. Una conoscenza del mondo politico o della yakuza può essere utile per uno sconto o per evitare grane successive (ricatti etc) ma in linea di massima sigle, specializzazioni, nomi dei leader, indirizzi e perfino tariffe sono pubblici. Un mio amico canadese li ha usati, una volta, per far desistere il padre di una sua ex, che voleva perforza diventare suo suocero. E' bastato un camion di "patrioti" e un paio d'ore di inni e marcette a massimo volume (incredibile come la polizia permetta questo scempio ambientale) per far desistere il potenziale suocero. Le tariffe sono negoziabili, e a volte pare ci sia anche un "bonus", nel caso che lo schiamazzo (ma attenzione, a volte l'intimidazione assume carattere più serio) porti al risultato voluto.
oltre al servizio realizzato per SKY TG24, che potete vedere su questo link
http://www.frontierproductions.jp/sky/web_thecove_jpnpremiere.mov
fatevi un giro su you tube indigeno, partendo da qui:
http://www.youtube.com/watch?v=VHMdSt5HGJI&feature=related
e non perdendovi
http://www.youtube.com/watch?v=g608gxOf764&feature=related
dove un "patriota" si autoriprende mentre, previo inchino alla telecamera, effettua una serie di telefonate minatorie ai gestori dei cinema di Osaka, per "coinvincerli", tra sberleffi, insulti e minacce, a non proiettare il film "che offende i nostri pescatori"
SCHIAMAZZI A COMANDO
Chissà se ieri i patrioti a ore hanno ricevuto il bonus. Dubito. Darsi da fare si sono dati da fare, ma erano quattro gatti e scarsi mezzi, solo un toyotone con megafono e qualche vuvuzela artigianale. Insulti a gogo contro i gornalisti stranieri ("fascisti", "imperialisti" ci urlavano, in evidente confusione mentale) e un unico cazzotto ben mirato al povero Kunio Suzuki, un deputato che a furia di piroette non ci capisce più nulla e si ritrova sempre dalla parte sbagliata. Ex patriota noto per urlare nudo, in oieno d'inverno, ai russi il suo odio per il mancato rirtorno delle Curili Meridionali, è passato al movimento no global e ieri era davanti al cinema per difendere il diritto d'espressione. "Dobbiamo crescere, e giudicare". Uno scalmanato sdentato gli ha mollato un pugno, per la gioia delle telecamere che cominciavano a dileguarsi.
Il tutto è durato, come da contratto e da evidente accordo con la polizia, appena un’oretta. Una signora in guanti bianchi ha raccolto cartelli, striscioni e megafoni, distribuendo in cambio il “bento”, il pranzetto al sacco. In genere questi patrioti interinali ricevono in loco anche il cosiddetto “kotsudai” (rimborso spese di trasporto, eufemismo per “paghetta”), ma con tutta quella stampa straniera in giro evidentemente hanno preferito evitare.... Riceveranno un bonifico, magari sul cellulare. Saranno anche un po' beceri, ma pur sempre "on line", i patrioti in affitto.
BRUTTO GIORNO PER IL GIAPPONE (e i giapponesi)
Alla fine, a rimetterci sono i giapponesi. Che all’estero continuano ad essere (ingiustamente) accusati di essere dei barbari massacratori (e divoratori) di delfini, mentre in patria continuano ad essere trattati come adolescenti,e tenuti all'oscuro non solo della "mattanza" di Taiji, ma di tante altre questioni "sociali" (fuori casta, discriminazioni contro coreani e cittadini stranieri in generale, condizione di detenzione nei carceri, manicomi e orfanotrofi, etc etc). E dispiace che, in piena campagna elettorale, nè il governo nè il premier Naoto Kan abbiano ritenuto di dover intervenire sulla faccenda. Ne hanno parlato tutti i giornali, ma nessuna reazione da parte del governo. Forse Kan avrebbe dovuto intervenire e dire chiaramente che il Giappone è un paese democratico, che la libertà di espressione ed informazione è garantita dalla Costituzione e che i giapponesi sono abbastanza maturi per "sopportare" qualsiasi "provocazione". Anche quella di sentirsi accusati di barbarie. Del resto uccidere i delfini non è un "reato", non sono specie particolarmente protette e non si tratta di una tradizione gastroculturale (visto che oltre il 90% dei giapponesi l'ignora e non ha mai mangiato carne di delfino), ma puro business. Di cui, diciamocelo, siamo un po’ tutti responsabili, visto che quando portiamo i nostri figli nei delfinari, ad ammirarne le evoluzioni, alimentiamo, direttamente, il commercio di questi poveri mammiferi e, alla fine dei conti, il conto in banca dei pescatori di Taiji.
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