sabato 27 settembre 2008
Il caso Aso/2
Ma torniamo appunto a Taro Aso, cattolico, amante dei manga e anche ex atleta olimpico, settore pattinatori.
In altri tempi, la stampa internazionale avrebbe probabilmente fatto più attenzione al suo curriculum. E la stampa giapponese, nota per l'omertà che si trasforma in indignazione e publico ludibrio non appena i media stranieri alzano un coperchio, avrebbe probabilmente condotto una battaglia frontale contro l'ultimo (chissà) premier uscito dal ventre della Balena Gialla, il Partito Liberaldemocratico.
Taro Aso infatti non è solo un politico un po' arrogante con tendenze al revanchismo ed al più becero dei populismi, che in passato l'hanno costretto a dimettersi dalla carica di ministro degli esteri. Le sue non sono gaffes, ma "dichiarazioni" sincere e spontanee dell'ultimo rampollo di una dinastia di industriali (settore miniere) che durante la guerra hanno ridotto in schiavitù - oramai vi sono documenti e fior di sentenze che lo confermano - migliaia di prigionieri e semplici civili coreani, cinesi e di altre nazionalità, facendoli lavorare gratis nelle loro miniere. Come quella di Yoshikuma, nel Kyushu, ritratta nella foto
Aso, ovviamente, fa finta di niente. Nel corso di una conferenza stampa al Foreign Correspondent Club, prima di essere eletto presidente del partito, ha risposto ad un collega di non sentirsi in alcun modo responsabile di "quei fatti" (evitando ostentatamente ogni aggettivo, tipo "incresciosi", "deprecabili", o magari anche solo "sfortunati", che tanto piace ai politici locali) , di aver avuto all'epoca 5 anni e di non essere mai stato coinvolto nel business di famiglia. Il che non è vero. Aso potrà pure non ricordare, nè essere responsabile, delle nefandezze commesse dai suoi avi, ma sostenere che non si è mai occupato del business di famiglia è una bugia. Basta consultare un qualsiasi manuale delle aziende giapponesi, andare sotto la voce "ASO CEMENT", succedanea diretta dell'ASO MINING, per vedere il nome di Taro Aso come presidente, dal 1973 al 1979. E' stato sotto la sua brillante gestione che la società - attualmente diretta dal fratello Yutaka - ha stretto una alleanza con il gruppo francese Lafarge. "Fosse successo da qualsiasi altra parte del mondo - ha dichiarato al Guardian la figlia di un prigioniero inglese ridotto in schiavitù, Johanne Underwood, che ancora lotta per ottenere il risarcimento dei danni - sarebbe scoppiato uno scandalo e la cosa sarebbe diventata oggetto di dibattito nazionale".
Chissà. Magari anche in Italia l'avrebbe fatta franca.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Certo, alle volte le somiglianze politiche tra Giappone e Italia sono sorprendenti!
Grazie per le analisi approfondite... permetti anche a noi che non parliamo giapponese di farci un'idea di chi si nasconda nei retroscena della politica giapponese - e non solo.
Marco
SICURAMENTE anche in Italia l'avrebbe fatta franca. Grazie per il Suo interessante blog.
Pio, ma dove sei finito?
Il tuo orticello sta seccando!!!
Almeno stai bene?
Anna
Posta un commento