sabato 30 maggio 2009

I granchi del PC (giapponese)



Peccato. Reso un po' ebbro dal tutto sommato comprensibile successo del partito - 1000 iscrizioni al mese, sondaggi che parlano di raddoppio dell'attuale 5% (al proporzionale, all'uninominale nessuna chance) - il PC giapponese ha abbandonato la sua tradizionale sobrietà e si è lanciato in una discutibile campagna pubblicitaria che punta sul successo - questo sì inaspettato e come vedremo abbastanza artificiale - di un vecchio e commovente romanzo degli anni '30, e della sua "riduzione" (è proprio il caso di dirlo....) cinematografica che nei prossimi giorni uscirà nella sale giapponesi (sono molto curioso di vedere quale sarà la reazione: il film è una vera schifezza, è stato ideato e prodotto per far cassetta in tre settimane, e potrebbe rivelarsi un colossale flop)


Il romanzo in questione è KANIKOSEN "la nave inscatolatrice" (intraducibile in italiano, perchè non abbiamo mai raggiunto questa tecnologia nel settore della pesca: si tratta di imbarcazioni specializzate nella pesca di granchi, che, una volta pescati, vengono bolliti, sgusciati e inscatolati mentre si è ancora in navigazione) un romanzo drammatico e commovente nel quale Kobayashi Tajiki, un giovane scrittore comunista morto di torture in carcere a 30 anni nel 1933, quando il Giappone, in piena esaltazione nazionalista, era lanciato nella sua grande rincorsa all'Occidente, descriveva le terribili condizioni di lavoro degli operai-pescatori. Due di questi, disperati, si buttano in mare e vengono ripescati da un cargo sovietico, dove vengono accolti, oltre che salutare vodka, con grande generosità e spirito di solidarietà socialista. Preso atto della superiorità del "nuovo mondo", i due tornano sulla nave e provano ad organizzare uno sciopero. Vi lascio immaginare come finisce: arriva la marina militare ed il leader degli operai, Shinjo, viene freddato con un colpo di pistola dal comandante mentre stanno "trattando". Ma la mobilitazione continua, e alla fine il "messaggio" del romanzo è positivo, del tipo: alla fine il socialismo trionferà.

Peccato che l'opera del povero Tajiki, rimasta pressochè sconosciuta sino a pochi mesi fa, si stata riscoperta "per caso" e sia ora oggetto di un "boom" artificiale. A fronte di un ordine di 150 copie da parte di leader sindacale che ne voleva far omaggio ai suoi compagni, due grandi quotidiani, ricevuta la segnalazione dalla casa editrice Shinchosha (stupita dall'ordine) hanno parlato di un "boom", che ovviamente ancora non esisteva e mai sarebbe esistito. Ma i giapponesi leggono i giornali e ne hanno anche grande rispetto (anche se dovrebbero esercitare maggior senso critico, a mio modesto avviso) e hanno invaso le librerie dell'arcipelago in cerca del "capolavoro". Due intellettuali particolarmente "gettonati", Genichiro Takakhashi e Karin Amanomiya (ex nazionalista divenuta paladina dei no-global) ne hanno parlato - insultandosi a vicenda - su un terzo quotidiano nazionale, il MAINICHI. Risultato: oltre un milione di copie in pochi mesi, 50 edizioni, una versione "manga" etc etc.
Peccato anche per gli eredi del povero Tajiki, che a suo tempo avevano ceduto tutti i diritti ad una piccola fondazione che ha tenuto alto il suo nome (il che è ovviamente meritevole) ma che ora, ovviamente, si guarda bene dal dividere l'inaspettato gruzzolo che entra in cassa.





Ma la cosa peggiore è la voracità delle case cinematografiche, che fiutato il business, si sono buttate alla forsennata rincorsa del "granchio". Una decina di progetti, per ora uno arrivato, si fa per dire, in porto. Si tratta di "Kanikosen" di Sabu, un regista un po' schizzato noto in occidente per un paio di apparizioni al festival di berlino (Blessing Bell 2002, Monday 1999) uscirà, tra pochi giorni, sugli schermi giapponesi - e speriamo non in quelli intrnazionali, perchè rovinerebbe l'ottima reputazione del cinema contemporaneo giapponese. "Kanikosen" è stato ideato, girato e montato nel giro di tre mesi, e si vede. Nonostante il cast di tutto rispetto (il povero sindacalista, Shinjo, è Ryuhei MATSUDA, l'indimenticabile Akumu Tantei di Nightmare Detective di Shinya Tsukamoto e l'inquitante Gohatto dell'ultimo, omonimo capolavoro di Nagisa Oshima, mentre l'aguzzino, il luogotenete Asakawa, è Hidetoshi NISHIUMA, divenuto famoso grazie a Dolls di Kitano) il film non è che una squallida e francamente fastidiosa parodia del romanzo e sopratutto delle drammatiche tematiche sociali che affronta. Del resto Sabu, che nella conferenza stampa sembrava infastidito alle domande dei giornalisti stranieri, troppo "politiche", a suo dire, evidentemente non è nè Kitano nè Tsukamoto e le prestazioni delle due "star" evidentemente ne risentono.

Ma il quotidiano comunista Akahata ne ha fatto una recensione trionfale. Chissà, forse sperano che aldilà della fattura del film, le condizioni di lavoro in Giappone siano divenute talmente difficili oggi - al punto da paragonarle a quelle degli anni '30 - che il pubblico si concentrerà più sui contenuti e andrà a votare compatto per il partito che ha sempre difeso i temi del lavoro, della contrattazione collettiva, della solidarietà sociale.

Speriamo che, ci si passi la battuta, non finiscano per prendere....un granchio.

3 commenti:

matteo ha detto...

meglio il kanikosen del 1954, quello di Yamamura Sô

Nagoya Hammer ha detto...

"anche se dovrebbero esercitare maggior senso critico, a mio modesto avviso"... dici tu. A me basterebbe che lo esercitassero, punto. Tra 0 a 1 è meglio 1

marco ha detto...

Il romanzo in questione è edito in Italia con il titolo "Il peschereccio di granchi". Tirrenia Stampatori.

Dopo una lunga attesi la feltrinelli della mia città è riuscita a farmelo avere ed ora mi attende la sua lettura...